Storia della pizza

La storia della pizza è lunga, complessa e incerta. Le prime attestazioni scritte della parola "pizza" risalgono al latino volgare di Gaeta nel 997[1] e in un contratto di locazione con data sul retro 31 gennaio 1201 a Sulmona ed in seguito in quello di altre città italiane come RomaL'AquilaPesaroPenne, ecc.[2] Nel XVI secolo a Napoli ad un pane schiacciato venne dato il nome di pizza che deriva dalla storpiatura della parola "pitta".[senza fonte]

Prima del XVII secolo la pizza era coperta con salsa bianca. Fu più tardi sostituita con olio d'olivaformaggiopomodori o pesce: nel 1843Alexandre Dumas (padre) descrisse la diversità dei condimenti della pizza.

La prima menzione scritta della pizza marinara risale al 1734, mentre quella della pizza Margherita agli anni 1796-1810. Nel giugno 1889, per onorare la Regina d'Italia Margherita di Savoia, il cuoco Raffaele Esposito preparò la "Pizza Margherita", una pizza condita con pomodori, mozzarella e basilico, per rappresentare i colori della bandiera italiana[3].

Origini

Il pane è uno dei cibi preparati più antichi e le sue origini risalgono almeno al Neolitico. Nel corso della storia, sono stati aggiunti diversi ingredienti al pane, per conferirgli particolari sapori. Alcuni archeologi italiani e francesi hanno trovato in Sardegna un tipo di pane infornato risalente a circa 3.000 anni fa. Secondo il parere di Philippe Marinval, le popolazioni della Sardegna conoscevano e utilizzavano il lievito.[4] Gli antichi greci preparavano un pane di forma appiattita, chiamato πλακοῦς (plakous, genitivo πλακοῦντος - plakountos)[5] che veniva condito con vari aromi, tra cui aglio e cipolla. Inoltre si dice che il re dei persianiDario il Grande (521-486 a.C.) cuoceva un tipo di pane appiattito usando gli scudi per la cottura, con una farcitura di formaggio e datteri, e nel I secolo a.C. il poeta latino Virgilio (noto anche come Publio Virgilio Marone) da Andes (Mantova) fa riferimento all'antica idea del pane come piatto commestibile o tagliere per altri cibi in questo estratto del suo poema latino, l'Eneide:

Altro per avventura allor non v'era
di che cibarsi. Onde, finiti i cibi,
volser per fame a quei lor deschi i denti,
e motteggiando allora: «O - disse Iulo -
fino a le mense ancor ne divoriamo?»[6]

Questi pani di forma piatta, come la pizza, provengono dell'area del Mediterraneo e altri esempi di essi che sopravvivono ai giorni nostri da quell'antico mondo sono la "focaccia" che può essere fatta risalire fino agli antichi etruschi, la "coca" (che ha varietà sia dolci che salate) della Catalogna, della zona di Valencia e delle Isole Baleari, la "pita" greca e italiana o "pide" in turco o "piadina" in romagnolo[7]. Pani simili, sempre a forma piatta, in altre parti del mondo comprendono il "paratha" indiano, il "naan" sudasiatico, il "carasau" , la "spianata" e il "pistocu" sardi, la "flammkuchen" alsaziana e il "rieska" finlandese.

La genesi

Vi sono notizie che risalgono alla fine del Cinquecento ed inizi del Seicento di una pizza soffice chiamata alla "mastunicola", ossia preparata con basilico (strutto, formaggio, foglie di basilico e pepe)[8]. In seguito si diffuse la pizza ai "cecinielli", ossia preparata con minutaglia di pesce[8]. La prima vera unione tra la pasta ed il pomodoro (accolto all'inizio con diffidenza) avvenne a metà del Settecento nel Regno di Napoli[8]. La pizza a Napoli fu popolarissima sia presso i napoletani più poveri che presso i nobili, compresi i sovrani borbonici.

Il successo della pizza conquistò anche i sovrani di Casa Savoia, tanto che proprio alla Regina Margherita di Savoia nel 1889 il pizzaiolo Raffalele Esposito dedicò la "pizza Margherita", che rappresentava il nuovo vessillo tricolore con il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro ed il verde del basilico. Quella che oggi è chiamata pizza Margherita era tuttavia già stata preparata prima della dedica alla Regina d'Italia. Francesco De Bourcard nel 1866 riporta[9] la descrizione dei principali tipi di pizza, ossia quelli che oggi prendono nome di pizza marinarapizza margherita e calzone:

«Le pizze più ordinarie, dette coll'aglio e l'oglio, han per condimento l'olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l'origano e spicchi d'aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite con lo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di muzzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomidoro, di arselle, ec. Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone

(Francesco de Bourcard, Usi e costumi di Napoli, Vol. II, pag. 124)

La mozzarella veniva tagliata a fette sottili, disposte sulla salsa di pomodoro proprio a forma di margherita, con la successiva aggiunta delle foglie di basilico.

Pizza margherita

Bisogna tuttavia notare che già nel 1830, un certo "Riccio" nel libro Napoli, contorni e dintorni, aveva scritto di una pizza con pomodoro, mozzarella e basilico[8]. Lentamente la focaccia di origine popolare arricchita con pomodoro si diffuse in tutte le classi sociali ed in tutte le regioni italiane, e con essa anche i locali specializzati nella preparazione della pizza: dapprima probabilmente forni in cui la pizza si consumava in piedi per strada, poi in seguito trattorie e pizzerie.

Sino al principio del Novecento la pizza e le pizzerie rimangono un fenomeno prettamente napoletano, e gradualmente italiano[senza fonte] (nell'Italia settentrionale iniziò a diffondersi solo nel secondo dopoguerra), poi, sull'onda dell'emigrazione, iniziano a diffondersi all'estero ma soltanto dopo la seconda guerra mondiale, adeguandosi ai gusti dei vari paesi, diventano un fenomeno mondiale.

Gli italiani emigrati hanno fatto conoscere, apprezzare e anche modificare la pizza nel mondo. Oggi ormai anche molti cuochi di differenti nazionalità sono diventati esperti pizzaioli per i quali esiste anche un campionato mondiale dove misurarsi[10]. Oggi il giro di affari legato alla pizza (pizzerie, consegne a domicilio, surgelati, catene di fast food) è molto rilevante nel mondo, al punto che alcuni abili imprenditori (come ad esempio l'americano Tom Monaghan fondatore della Domino's Pizza) hanno costruito intorno alla pizza grandi fortune.

Innovazione

L'innovazione che ci diede la particolare focaccia che chiamiamo pizza fu l'uso del pomodoro come condimento. Per alcuni anni dopo che il pomodoro fu portato in Europa dalle Americhe nel XVI secolo, molti europei credevano che fosse velenoso (come varie altre piante del genere Solanum a cui appartiene). Il piatto guadagnò in popolarità e presto la Pizza divenne un'attrazione turistica quando i visitatori a Napoli si avventuravano nelle zone più povere della città per provare le specialità locali.

Una delle prime testimonianze sulla pizza a Napoli è data dallo scrittore francese, anche appassionato gastronomo, Alexandre Dumas (padre) nella sua opera Il Corricolo, pubblicata nel 1843. Egli infatti scrive" La pizza è una specie di stiacciata, come se fanno a Saint Denis. È di forma rotonda e si lavora con la stessa pasta del pane: varia nel diametro secondo il prezzo...A prima vista sembra un cibo semplice. Sottoposta a esame, apparirà come un cibo complicato. La pizza è all'olio, al lardo, alla sugna, al pomodoro, ai pesciolini".

I napoletani prendono la loro pizza molto seriamente. I puristi, come nella famosa pizzeria “Da Michele” in Via C. Sersale, a Forcella[11] sostengono che esistono solo due vere pizze: la “Marinara” e la “Margherita”, ed è tutto ciò che servono. La Marinara è la più antica e ha un condimento di pomodoro, origanoaglioolio extra-vergine d'oliva e solitamente basilico. Era chiamata “Marinara” non, come molti credono, perché contiene pesce (non è così) ma perché era il cibo che i pescatori mangiavano quando tornavano a casa dalle lunghe giornate di pesca nella Baia di Napoli. La Margherita è invece attribuita al pizzaiuolo Raffaele Esposito, che lavorava alla pizzeria situata alla salita Sant'Anna di Palazzo, fondata alla fine del Settecento e attiva ancora oggi come "Pizzeria Brandi".

Nel 1889 preparò tre diverse pizze per la visita del Re Umberto I e della Regina Margherita di Savoia. La preferita della Regina era una pizza che evocava i colori della bandiera italiana – verde (foglie di basilico), bianco (mozzarella) e rosso (pomodori).[12] Questa combinazione fu battezzata Pizza Margherita in suo onore. L'"Associazione Verace Pizza Napoletana", fondata nel 1984, riconosce solo la Marinara e la Margherita verace ed ha stabilito le regole molto specifiche che devono essere seguite per un'autentica pizza napoletana.[13]

Queste includono che la pizza deve essere cucinata in un forno a legno, alla temperatura di 485 °C per non più di 60-90 secondi; che la base deve essere fatta a mano e non deve essere utilizzato il mattarello o comunque non è consentito l'utilizzo di mezzi meccanici per la sua preparazione (i pizzaioli fanno la forma della pizza con le loro mani facendola "girare" con le loro dita) e che la pizza non deve superare i 35 cm di diametro o essere spessa più di un terzo di centimetro al centro. L'associazione seleziona anche le pizzerie nel mondo per produrre e diffondere la filosofia e il metodo della pizza verace napoletana. Ci sono molte pizzerie famose a Napoli dove si possono trovare queste pizze tradizionali, la maggior parte di esse sono nell'antico centro storico di Napoli.

Talvolta tali pizzerie andranno anche oltre le regole specificate, ad esempio, usando solo pomodori della varietà "San Marzano" cresciuti sulle pendici del Vesuvio e utilizzando solamente l'olio di oliva e aggiungendo fette di pomodoro in senso orario. Un'altra aggiunta alle regole è l'uso di foglie di basilico fresco sulla pizza marinara: non è nella ricetta "ufficiale", ma è aggiunto dalla maggior parte delle pizzerie napoletane per guarnirla. Le basi per pizza a Napoli sono soffici e friabili ma a Roma preferiscono una base sottile e croccante. Un'altra forma popolare di pizza in Italia è la "pizza al taglio" che è la pizza infornata in teglie rettangolari con un'ampia varietà di condimenti e venduta a peso.

La pizza nel Nord America

La pizza fece la sua prima apparizione negli Stati Uniti con l'arrivo degli immigrati italiani nel tardo XIX secolo. Fu sicuramente il caso delle città con vaste popolazioni italiane, come San FranciscoChicagoNew York, e Filadelfia dove la pizza fu inizialmente venduta sulle strade dei quartieri italiani. Nel tardo XIX secolo a Chicago, ad esempio, la pizza fu introdotta da un venditore ambulante che camminava su e giù lungo Taylor Street con un mastello di pizze sulla testa. Questo era il modo tradizionale in cui si vendeva la pizza a Napoli, in cilindri di rame con delle maniglie ai lati e un coperchio sopra per mantenere calde le pizze. Non passò molto tempo prima che i piccoli caffè e le drogherie iniziassero ad offrire le pizze alle loro comunità italoamericane. Fra le varie tipologie di pizze inventate dagli emigrati italiani negli USA si possono citare la pizza arrotolata di Filadelfia[14][15] e la cosiddetta deep-dish pizza di Chicago, caratterizzata da un bordo molto alto.[16]

Analogamente, in Canada, si sono diffuse altre varianti del piatto italiano. Oltre alla pizza hawaiana, contenente ananas e prosciutto e divenuta famosa in tutto il mondo,[17] si può citare la pizza margherita di Toronto, con una crosta di medio spessore e condita con aglio e olio di basilico. Tale ricetta, che è divenuta una specialità del capoluogo canadese, unisce la pizza italiana alla tradizione vietnamita dell'uso di condimenti a base di olio nel cibo.[18] La catena di fast food Boston Pizza ha anche inventato la pizza cake, una serie di pizze sovrapposte le una sulle altre e unite dalla crosta esterna,[19] mentre in vari ristoranti del Québec si è diffusa la cosiddetta pizza-ghetti, una porzione di spaghetti al pomodoro servita accanto a due fette di pizza.[20]

Etimologia

L'etimologia del nome "pizza" (che non è necessariamente legata all'origine del prodotto) deriverebbe secondo alcuni, da pinsa (dalla lingua napoletana), participio passato del verbo latino pinsere oppure del verbo "pansere", cioè pestare, schiacciare, pigiare[21] che deriverebbe da pita mediterranea e balcanica, in greco πίττα, derivato da πεπττος ossia "infornato"[22]; secondo quest'ultima ipotesi la parola deriverebbe dall'ebraico פִּתָּה o פיתה, dall'arabo كماج che appartiene alla stessa categoria di pane o focacce (vedi anche Storia della pizza). Il primo utilizzo della parola "pizza" risale al 997 ed è testimoniato in un testo latino proveniente dalla città di Gaeta[23]. Altre ipotesi a proposito sono le seguenti:

  • L'antica parola germanica “bizzo” o “pizzo”, dal significato di "morso", "focaccia" (in relazione anche alle parole inglesi "bit" e "bite") è stata importata in Italia nella metà del VI secolo durante l'invasione dei Longobardi.[24]. Questa è l'origine più accreditata secondo l'Oxford English Dictionary, anche se non è stata definitivamente confermata.

Pizza Italiana

Pizza
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Pizza napoletana (Margherita)
Origini
IPA [ˈpittsa]
Luogo d'origine Italia Italia
Regione Campania
Diffusione mondiale
Dettagli
Categoria piatto unico
Settore Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria
Ingredienti principali farina
acqua
sale
lievito di birra
(altri ingredienti differiscono in base alle varianti)
Varianti Pizza napoletana
Focaccia
Pizzolo
Sfincione
Calzone
Pizza arrotolata

La pizza è un prodotto gastronomico salato che consiste in un impasto a base di farinaacqua e lievito che viene spianato e condito tipicamente con pomodoromozzarella e altri ingredienti e cotto in un forno a legna. Originario della cucina napoletana, è oggi, insieme alla pasta, l'alimento italiano più conosciuto all'estero.[1][2]

Col nome pizza, praticamente ignoto al di là della cinta urbana napoletana, ancora nel XVIII secolo, si indicavano le torte, quasi sempre dolci. Fu solo a partire dagli inizi del XIX secolo che la pizza assunse, sempre a Napoli, la sua attuale connotazione. Il seguente successo planetario della pietanza ha portato, per estensione, a definire nello stesso modo qualsiasi preparazione analoga.[3]

Nel 2017 l'UNESCO ha dichiarato l'arte del pizzaiuolo napoletano come patrimonio immateriale dell'umanità.[4][5][6][7]

Pizza è la parola italiana più famosa al mondo.[8]

Etimologia

L'etimologia del sostantivo pizza (che non è necessariamente legata all'origine del prodotto) è dibattuta. Esistono varie ipotesi, tra cui la derivazione da pizzo e questo, a sua volta, da un'onomatopea p... zz associata all'idea di ‘punta’[9]. Altre ipotesi sono che derivi da picea (placenta) come calco del greco antico πίττα, pítta nel senso di ‘pece’[10]. Si è pensato anche a una derivazione dal germanico (longobardo o gotico) dell'alto tedesco d'Italia bĭzzo-pĭzzo (da cui anche in tedesco moderno Bissen: ‘boccone’, ‘pezzo di pane’, ‘tozzo di focaccia’)[11][12]. Questa tesi sarebbe pure confermata dall'area di diffusione originaria della parola, che coinciderebbe con il regno e i ducati longobardi di Benevento e Spoleto. Tuttavia la diffusa presenza, in area balcanica di pita, induce alcuni studiosi[13] a cercare nel greco πίτα, píta l'origine dell'italiano pita, da cui poi pizza per incrocio con pezzo.

Franco Fanciullo e Pierpaolo Fornaro hanno proposto che pizza possa derivare dal greco anticoἀπίκιαapíkia (in latino *apīcia) ‘focaccia all'Apicio’, dal nome dell'autore latino di ricette di cucina[14].

Nel 2007 gli studiosi Mario Alinei ed Ephraim Nissan hanno proposto un'etimologia semitica[15].

Origine


Benché si tratti ormai di un prodotto diffuso in quasi tutto il mondo, la pizza è un piatto originario della cucina napoletana. Nel sentire comune, spesso, ci si riferisce con questo termine alla pizza tonda condita con pomodoro e mozzarella, ossia la variante più conosciuta della cosiddetta pizza napoletana, la pizza Margherita. Esiste, del resto, anche un significato più ampio del termine "pizza". Infatti, trattandosi in ultima analisi di una particolare specie di pane o focaccia, la pizza si presenta in innumerevoli derivazioni e varianti, cambiando nome e caratteristiche a seconda delle diverse tradizioni locali.
La pizza ha una storia lunga, complessa e incerta. In assoluto, le prime attestazioni scritte della parola "pizza" risalgono al latino volgare della città di Gaeta nel 997[16]. Un successivo documento, scritto su pergamena d'agnello, di locazione di alcuni terreni e datato sul retro 31 gennaio 1201 presente presso la biblioteca della diocesi di Sulmona-Valva, riporta la parola "pizzas" ripetuta due volte. Già comunque nell'antichità focacce schiacciate, lievitate e non, erano diffuse presso gli Egizi e i Romani (offa).

Tipologia per preparazione

Pizza tonda

Pizza tonda servita nel piatto e già tagliata in quattro spicchi

Per la pizza tonda l'impasto di farina, acqua, lievito, sale ed eventualmente olio, previamente fatto lievitare in un impasto intero e poi suddiviso in monoporzioni (panetti o panielli), viene steso in forma di disco, variamente condito e cotto a contatto del piano rovente di un forno. È la più conosciuta e consumata nel mondo; viene detta anche pizza classica o pizza napoletana.

Tipica in diverse cucine regionali italiane, è divenuta famosa come specialità della cucina napoletana. La città di Napoli ha svolto infatti un ruolo importantissimo nella storia della pizza, creando ed esportando questa specialità che è ora la più diffusa nel mondo (vedi sezione Dove si mangia la pizza). Per questo motivo si usa ancora l'espressione "pizza napoletana" come sinonimo di "pizza tonda" anche se le sue caratteristiche sono spesso diverse rispetto a quelle della tradizione partenopea.

Soprattutto fuori dall'Italia invece della pasta di pane si usano spesso impasti più grassi e talvolta anche dolci; il condimento è sempre abbondante e varia notevolmente a seconda delle abitudini locali. La stesura dell'impasto in forma di disco può avvenire con l'uso del matterello oppure, preferibilmente come la tradizione vuole, a mano girando e tirando le palline lievitate d'impasto sopra un piano di lavoro o con evoluzioni aeree. Specialisti di quest'ultimo metodo sono i pizzaioli acrobatici.

Pizza al taglio

Pizza al taglio o da asporto

Per la pizza al taglio o pizza in teglia la pasta lievitata viene stesa, condita e cotta in grandi teglie di metallo tonde o rettangolari e poi messa in mostra per essere venduta a peso a scelta del cliente o, in casa, consumata a tranci. La vendita di questa varietà di pizza è diffusa oltre che nelle pizzerie al taglio vere e proprie, anche nelle panetterie.

Poiché la pizza in teglia deve essere tenuta in mostra ed eventualmente riscaldata necessita dell'utilizzo di impasti molto acquosi che pure in queste condizioni non si secchino ma diano il massimo del gusto. A tal fine vengono usate farine fortiprocedimenti di rigenerazione o soda in polvere che permettono di aggiungere agli impasti una maggiore percentuale di acqua, fino al 90%.[senza fonte] Questo ha anche un vantaggio dal punto di vista economico essendo la pizza venduta in alcuni casi a peso (questo metodo è ad esempio il più diffuso nella città di Roma).

Pizza alla pala

La pizza alla pala, come la pizza in teglia, è una pizza di grandi dimensioni messa in mostra e venduta a peso ma la sua cottura avviene, analogamente alla pizza tonda, direttamente sul piano del forno.

Una delle sue varianti è la pizza al metro.

Tipologia per origine geografica

"Verace" (pizza napoletana)


Un forno a legna. Tipica e unica modalità di cottura della pizza napoletana e siciliana
Food truck in New York - interamente alimentato da fonti alternative di energia - che vende pizze napoletane

La lavorazione e gli ingredienti della verace pizza napoletana artigianale sono definiti nella norma UNI 10791:98 e sono stati predisposti dall'Associazione Verace Pizza Napoletana che dal 1984 promuove la conoscenza della verace pizza napoletana artigianale ed è la promotrice della norma UNI 10791:98 e del disciplinare della Pizza Napoletana S.T.G. prodotta secondo la tradizione napoletana.[17]

La pizza napoletana è l'unico tipo di pizza italiano riconosciuto in ambito nazionale ed europeo. Dal 4 febbraio 2010, infatti, è ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita dell'Unione europea.[18]

Essa si presenta come una pizza tonda dalla pasta morbida e dai bordi alti (crosta). Tale rigonfiamento della crosta è dovuto all'aria, che durante la fase di manipolazione del panetto si sposta dal centro verso l'esterno. Nell'impasto classico napoletano non è ammesso nessun tipo di grasso. Soltanto acqua, farina, lievito (di birra o naturale) e sale. Nella più stretta tradizione prevede solo due varianti per quanto riguarda il condimento:

La cottura della pizza napoletana, infine, avviene sempre ed esclusivamente tramite l'utilizzo del forno a legna e mai quindi utilizzando altri modi di cottura come per esempio il forno elettrico. Oggi la pizza napoletana è uno dei piatti più diffusi al mondo ed è presente in quasi tutti i ristoranti e locali di cucina italiana all'estero con il nome pizza napoletana o pizza Napoli.[19]

Pizza siciliana


Una porzione di sfincione palermitano
Il pizzòlu di Solarino e Sortino

In Sicilia vi sono diverse varianti collegate alla tradizione culinaria rurale che si differenziano anche molto dalla pizza vera e propria. Nel palermitano è diffuso lo sfinciuni, focaccia morbida con pangrattatocipollacaciocavallo e strattu ossia conserva di pomodoro essiccata al sole. A Catania è diffuso l'uso quotidiano della scacciata, in origine, nel XVIII secolo, solo nel periodo natalizio, formata da un primo strato di impasto, tuma ed acciughe sotto sale, dissalate oppure nella versione alla paesana, con patate, salsiccia, broccoli, pepe nero, pomodoro e tuma. In entrambi i casi si chiude con un secondo strato di impasto, e infornata dopo una spennellata di uovo.

Sempre in provincia di Catania, specie a Zafferana Etnea e a Viagrande, la tipica pizza siciliana, un calzone fritto a pasta morbida con ripieno di formaggio, acciughe dissalate, funghi porcini e altri ingredienti. In Provincia di Siracusa, specie nei comuni di Solarino e Sortino, si può gustare il pizzòlu, una sorta di pizza tonda farcita. In provincia di Messina è cucinato il tradizionale piduni, piccolo calzone fritto o al forno ripieno di verdure ed è inoltre presente la focaccia alla messinese, che viene tradizionalmente preparata in teglia con verdure, formaggio, pomodoro e acciughe salate. Nel ragusano si prepara la scaccia.[20]

Pizza romana

La pizza romana è una pizza tonda dalla pasta molto sottile e croccante. L'impasto viene prodotto con farina di grano tenero tipo 00 o 0, acqua, lievito di birra (oppure lievito naturale), olio d'oliva (oppure olio di semi, per ottenere una pizza più croccante) e sale, in proporzioni tali che risulti duro e consistente, tanto da rendere spesso necessaria la stesura con il mattarello. Diffusasi a partire da Roma solo dopo l'ultimo dopoguerra, si chiama Napoli la variante di condimento con pomodoro, mozzarella e alici. I libri di cucina tradizionale romana sembrerebbero avvalorare che la variante con le acciughe dissalate sia un'usanza propria della capitale; la pizza romana, secondo gli stessi ricettari, dovrebbe comprendere anche basilico tagliuzzato, pecorino e pepe.[21]

Una particolare specialitá romana è la cosiddetta "pizza bianca", che si presenta come una specie di focaccia senza condimento oltre a sale ed olio, ma che può essere farcita a piacimento.

Pizza genovese

La pizza genovese è una pizza in teglia dalla pasta piuttosto alta e morbida, prodotta con farina di grano tenero, acqua, sale, lievito di birra e, talvolta, un poco di latte. Dopo la lievitazione viene stesa con le mani direttamente nella teglia e cotta in forno, preferibilmente a legna. Deriva dalla focaccia genovese.[22]

Pizza pisana

La pizza pisana è una pizza in teglia rotonda con pasta di medio spessore, condita solitamente con grana grattugiato o mozzarella, acciughe e capperi. Solitamente la pizza viene consumata come cibo di strada in combinazione con la cecina: un quarto di pizza viene piegato e al suo interno viene inserita la cecina. La pizza è disponibile principalmente nelle pizzerie storiche di Pisa e Provincia e nelle province di Lucca, Livorno.[23]

Pizza marchigiana

La pizza tipicamente marchigiana, erede dell'antica crescia, non si trova nelle pizzerie-ristoranti, ma solo nelle panetterie e nei negozi che preparano pizza da vendere al taglio. In questi esercizi commerciali, si vende al pezzo e non a peso come altrove. Con la crescia ha in comune la presenza di strutto nell'impasto, che nelle pizze di altre regioni è sempre assente[24]. Lo strutto si alterna tuttavia all'olio di oliva, che si trova ad esempio nella cacciannanze ascolana[25].

Le varianti tradizionali sono quattro: bianca con il rosmarino, bianca alla cipolla, rossa semplice e rossa con la mozzarella, dove per "bianca" e "rossa" si intende rispettivamente senza e con pomodoro. D'inverno si può trovare anche la saporita pizza coi grasselli[24]. È una preparazione invernale in quanto i grasselli sono i residui della fusione dello strutto e perciò sono disponibili solo in concomitanza con la macellazione del maiale, tra novembre e gennaio[26]. La pizza preparata nelle panetterie, condita con olio d'oliva o con strutto, è più alta e morbida rispetto a quella delle pizzerie al taglio.

Pizza al tegamino (Torino)


La pizza al tegamino, o al padellino, è una tipicità culinaria torinese, con impasto a doppia lievitatura e cottura al forno all'interno di un piccolo tegame, precedentemente oliato in funzione antiaderente.[27]
Pizze al tegamino

Pizza al trancio (Milano)

Questo tipo di pizza, da non confondere con la pizze al metro o al taglio (generalmente più basse) è tipica della metropoli lombarda dove si è diffusa in modo capillare in tutto l'hinterland milanese intorno agli anni '80, sebbene alcuni locali storici la presentassero già negli anni '50 e '60.[28][29] La pizza è alta e morbida; viene cotta in teglia, la quantità di pomodoro è solitamente esigua mentre la mozzarella (nella variante asciutta) è molto abbondante e ricopre l'intera pietanza (bordo compreso), l'impasto è fatto con acqua, farina, sale, olio e lievito di birra.[29] Alcuni addetti ai lavori aggiungono la patata bollita e poi schiacciata alla farina come ingrediente "segreto" per rendere la pizza più colorata e morbida all'interno e leggermente croccante alla base. L'uso di quest'ultimo ingrediente è tipico di alcune focacce e pani delle zone mediterranee d'Italia[30] e si è diffuso a Milano dopo il periodo del miracolo economico italiano.

Varie

Calzone

A Napoli la cosiddetta pizza chiusa, ossia pizza ben condita e coperta dalla stessa pasta, si chiama anche calzone, ma in seguito altre varietà di calzone con un tipo di pasta differente sono state ideate e preparate in Puglia.

Pitta chjina

Anche in Calabria si prepara qualcosa di simile quando si inforna il pane. Specie in passato, assieme al pane "normale" per la famiglia, si faceva spesso anche una pitta chjina (pitta ripiena, dove pitta è un nome generale per una forma di pane). Tale prodotto ha l'aspetto di una pizza chiusa, ovvero formata da due strati di pasta con il ripieno al loro interno. Chiamata anche "pizza chiena", "pizza fragula" o "pizza frangula". La denominazione "pizza fragula" era diffusa nelle zone di Contursi Terme e Battipaglia.[31]

Paposcia di Vico del Gargano

La Paposcia, anche conosciuta come "Paposcjola", chiamata così per la sua forma a pantofola, detta anche "Pizza schett" o "Pizza Vamp" ( per via dell'alta temperatura del forno, che doveva cuocere subito e in modo giusto la pasta ), è un piatto tipico del Gargano, territorio Pugliese. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi, e le motivazioni della sua creazione sono tra le più varie. La motivazioni più diffusa era che gli "antichi", per constatare esattamente la temperatura dei forni, posizionavano nel forno stesso una piccola parte della pasta lavorata. A seconda se questo filone cresceva o meno, e a seconda della sua cottura si poteva capire se il forno era pronto. Naturalmente, per non sprecare la pizza panino così ottenuta essa veniva tagliata e riempita con, nella sua forma classica e antica, olio esclusivamente proveniente dal Gargano e pecorino gratuggiato locale o con rucola selvatica, pomodori, olio del Gargano e un po' di sale. Di difficile riproduzione in quanto il lievito madre per farla molto spesso consiste in antichi lieviti madre ancora in vita custoditi dagli antichi forni del posto. Col tempo le sue varianti sono state molte, fino alla sua variante dolce riempita di cioccolata alle nocciola e la diffusione nel Gargano totale. Alcuni dicono inoltre che intorno al XVI secolo, per non sprecare la pasta che rimaneva attaccata alla madia (la cosiddetta fazzatura), essa veniva utilizata per creare questo lungo e caratteristico alimento.

Panzerotto

Il panzerotto è una piccola pizza chiusa. Può essere cotto al forno o fritto in padella.

Pizzetta

Come suggerisce il nome, la pizzetta è una variante di dimensioni ridotte della normale pizza. Le pizzette vengono preparate utilizzando il classico impasto per la pizza quella della focaccia o la pasta sfoglia e contengono ingredienti a piacere.[32][33] Le dimensioni delle pizzette sono varie e spaziano dalle più piccole, che si presentano come dei salatini del diametro di pochi centimetri[32][34] a quelle più grandi, di poco più piccole di una pizza tradizionale e che costituiscono un pasto leggero.[35]

Pizza senza glutine

Negli ultimi anni del XX secolo si è andata affermando anche la pizza senza glutine, preparata con farine non a base di frumento, adatte a chi soffre di celiachia.

Pizza all'estero

La pizza all'estero è stata diffusa direttamente dagli emigrati italiani o indirettamente, principalmente per imitazione della pizza diffusa dalla cinematografia statunitense o dalle grandi catene, anch'esse statunitensi. Quasi sempre perde molte delle caratteristiche di semplicità e naturalezza del prodotto originale, lasciando il posto ad un prodotto più grasso, con ingredienti di tipo industriale.[senza fonte]

In Francia le prime pizzerie furono aperti all'inizio del novecento in Marsiglia in seguito all'importantissima immigrazione napoletana in questa città[36].

Il tipo di pizza all'italiana, più o meno attinente alla tradizione comunque prende lentamente piede ed è possibile assaggiarlo anche in luoghi dove originariamente non era consumato.

Pizza americana

Negli Stati Uniti d'America la pizza ha avuto una sua evoluzione, per adattarsi alla differenza o carenza di alcuni ingredienti e al diverso gusto degli americani, fino alla pizza all'americana contraddistinta dalla morbidezza, dallo spessore e dal notevole condimento. Non raramente all'impasto vengono aggiunti burro o margarina (o altri tipi di grassi) e zucchero. Tra queste annoveriamo la pizza newyorchese, la Pizza di Chicago e la pizza californiana.

Valori nutrizionali

Pizze appena infornate in un forno a legna

La più celebre delle pizze, la pizza margherita, contiene varie sostanze nutrienti: i carboidrati sotto forma di amido (nella farina), i lipidi vegetali dell'olio extravergine d'oliva e quelli animali della mozzarella di bufala o fior di latte, proteine animali (ancora dalla mozzarella).

Queste indubbie qualità non devono però far dimenticare che la pizza non è un alimento ipocalorico adatto a qualunque regime dietetico: una margherita del peso di 300 g dà un apporto di oltre 800 calorie peraltro molto sbilanciate a favore dei carboidrati (circa 75%).[37]

Impasto

Molto importante nella pizza, oltre che la qualità degli ingredienti, è la giusta maturazione e lievitazione. La maturazione è il processo necessario affinché l'amido contenuto nella farina (polisaccaride) venga da alcuni enzimi (alfa e beta amilasi) scisso in zuccheri semplici, questo fa sì che la pizza, ben maturata, risulti digeribile. Mentre il lievito di birra compie il suo lavoro producendo nell'impasto anidride carbonica e gas nobili, da qui, la lievitazione, cioè il raddoppio del volume che avviene nell'impasto. [38][39][40]

Dove si mangia la pizza


I luoghi dove si cucina e si consuma la
pizza si chiamano pizzerie.
Pizza brasiliana

L'Antica Pizzeria Port'Alba, nel centro antico di Napoli, è valutata come la prima pizzeria del mondo.[41]

A causa della forte immigrazione ed influenza italiana, la città con il più alto numero di pizzerie nel mondo è la città di New York seguita da San Paolo in Brasile.[42] In quest'ultima città le pizze hanno spesso guarnizioni derivanti dalla gastronomia locale, come il palmito e il catupiry, un formaggio cremoso.

Negli Stati Uniti d'America e in varie parti del mondo esistono numerose catene di pizzerie; una delle maggiori catene in franchising è Pizza Hut, la quale ha aperto propri ristoranti in 86 paesi del mondo, ma non in Italia. Dal 1999 è attiva in Italia la catena Spizzico, collegata al marchio Autogrill, che propone un concetto a metà strada tra la pizzeria e il fast food tipico del Nordamerica. In Spagna e Portogallo è popolare Telepizza, che effettua anche consegne a domicilio.

La pizza è stata accolta favorevolmente anche in Asia. Per esempio in Giappone, dove oltre alla pizza delle grandi catene americane, ed a nuove forme di pizza locali, è possibile trovare anche la pizza artigianale prodotta secondo standard qualitativi italiani[43][44].

Legislazione

Il 9 dicembre 2009 l'Unione europea, su richiesta del parlamento italiano, ha concesso la denominazione di Specialità Tradizionale Garantita (STG) a salvaguardare la tradizionale pizza napoletana, in particolare la "Margherita" e la "Marinara".[17]

Statistiche

Secondo uno studio dell'Accademia Pizzaioli, in Italia sono presenti circa 75.500 pizzerie: 28.000 pizzerie artigianali da asporto ed al taglio, 43.000 ristoranti-pizzerie e 4.500 alberghi con pizzerie-ristoranti, con una media di 80 pizze sfornate al giorno, che ne fanno un totale di 6.040.000 pizze prodotte al giorno, 157.040.000 al mese e 1.884.480.000 all'anno.

Con un chilo di farina si producono circa 8 pizze, dunque vengono utilizzate 755 tonnellate di farina al giorno, 19.630 tonnellate al mese e 235.560 tonnellate all'anno. Per quanto riguarda i condimenti, il consumo di pomodoro e mozzarella è pressoché identico, con 8 chili al giorno, 208 chili al mese e 2,5 tonnellate all'anno per entrambi gli ingredienti.[45]

Record

  • La pizza più lunga al mondo (1,93 chilometri) è stata realizzata il 10 giugno 2017 a Fontana, in California. Secondo il Guinness Book of Records sono state utilizzate 8,85 tonnellate di farina, 2,5 tonnellate di salsa di pomodoro, e 2 tonnellate di mozzarella ed è stata cucinata in 54 ore (40 ore per preparare fogli di impasto già pronti e stesi, più 14 ore per cuocerli a più riprese) da un team di oltre 100 cuochi. Il precedente record venne stabilito il 9 maggio 2016 sul lungomare di Napoli, con una lunghezza di 1853,88 metri in un totale di 9 ore.[46][47]
  • La più grande pizza mai prodotta è quella dell'ipermercato Norwood Pick 'n Pay (JohannesburgSudafrica). Secondo il Guinness Book of Records la pizza - preparata nel 1990 con 500 kg di farina, 800 kg di formaggio e 900 kg di salsa di pomodoro - aveva un diametro di oltre 37 metri.[48]
  • Feltham il nuovo record per la più distante consegna di pizza spetta a Lucy Clough. Una pizza vegetariana è stata cotta il 17 novembre 2004 ed ha percorso una distanza di 16949 km per essere consegnata in Ramsey Street, a Melbourne, il 19 novembre 2004. Il record è presente nell'edizione 2006 del Guinness Book of Records.

VARI TIPI DI IMPASTO