Cucina siciliana

«Noi siciliani siamo gente piuttosto impegnativa: pensa alla caponata, un piatto unico che è una mescolanza di mille sapori. Non è significativo?»

(Carmen Consoli[1])

La cucina siciliana è l'espressione dell'arte culinaria sviluppata in Sicilia fin dall'antichità ed è strettamente collegata alle vicende storicheculturali e religiose dell'isola. Già dai tempi dell'Antica Grecia in Sicilia si andava sviluppando uno stile ben preciso di abitudini culinarie che col passare dei secoli si è arricchito di nuovi sapori e di nuove pietanze, seguendo le vicissitudini storiche dell'isola mediterranea.

Si tratta quindi di una cultura gastronomica regionale che mostra tracce e contributi di tutte le culture che si sono stabilite in Sicilia negli ultimi due millenni, tramandata di generazione in generazione oltre che in ambito letterario, motivo che spiega perché alcune ricette, di origine antichissima, sono tutt'oggi preparate e servite a tavola con frequenza.

Nel contesto generale si può affermare che la cucina siciliana sia motivo di riconoscimento e identità comune per i siciliani e, nell'epoca moderna, un motivo di attrazione turistica. Con l'effetto dell'emigrazione all'estero, questa cucina è stata esportata in molte località, distanti dalla terra d'origine.

Complessa ed articolata, la cucina siciliana è sovente ritenuta la più ricca di specialità e la più scenografica d'Italia.[2] Alcuni dei cibi più noti, diffusi non solo a livello regionale ma addirittura mondiale, sono la cassata siciliana, gli iris, il cannolo siciliano, la granita e le arancine. Grazie al suo clima mite, l'isola è ricca di spezie e piante aromaticheoriganomentarosmarino, fanno quotidianamente parte dei condimenti siculi. Il terreno fertile produce arance e limoni in grande quantità. Mandorleficodindiapistacchio e olive sono altri simboli culinari nei quali l'isola eccelle.

Nonostante nell'insieme il carattere alimentare di tale cucina risulti unificato, una sua caratteristica è quella di avere per ciascun territorio, se pur di ridotto perimetro o di vicinanza ad un altro territorio, delle pietanze culinarie circoscritte a quella determinata area, per cui la stessa ricetta diventa quasi introvabile spostandosi in un'altra zona dell'isola. Nella maggior parte dei casi si tratta di varianti della stessa ricetta regionale, ma in alcuni casi questi cibi, come ad esempio le panelle palermitane o i muccunetti di Mazara del Vallo, hanno una preparazione e una commercializzazione rilevata solo nella loro zona di origine. Tale caratteristica alimentare ha portato spesso ad una divisione culinaria tra Sicilia occidentale, Sicilia centrale e Sicilia orientale.

Lo Sapevi che... Il gelato
Gelato

Il gelato ha origini siciliane, si narra infatti che qui, già ai tempi della dominazione araba, fosse in uso preparare una sostanza, molto simile al gelato, chiamata sherbet (sorbetto). Gli Arabi di Sicilia mescolavano la neve dell'Etna con della canna da zucchero e del succo di frutta e si otteneva un composto che può definirsi l'antenato del gelato artigianale.[3] Molti secoli dopo, un siciliano del 1600Francesco Procopio dei Coltelli, la cui città natale rimane incerta, ereditò dal nonno un'antica macchina sorbettiera che egli portò con sé in Francia quando aprì il più antico café parigino della storia (il café Procope)[4], qui egli perfezionò la sua macchina e riuscì a creare i primi gelati più simili a quelli che oggi giorno si trovano in commercio.[5] Ancor oggi infatti le attuali macchine del gelato si ispirano al sistema di mantecazione inventato da Procopio dei Coltelli.[6]

 

«...Ricche eran le sue mense per la copia, e varietà dei cibi, saporite le vivande, lieti i desinari, e molti scrivevano e s'occupavano della cucina. Miteco da Siracusa, uomo colto, ed erudito, mandava fuori il cucinare siciliano, ed insegnava alla Grecia l'arte di condire i cibi alla maniera di Sicilia che riputavasi allora la più squisita.»

(Domenico Scinà, Storia letteraria di Sicilia ne' tempi greci[7])
Ulivo secolare nella valle dei templi di Agrigento
Mosaico del IV secolo incentrato sulla pesca. Villa romana del CasalePiazza Armerina (Enna)

Fin dall'epoca greca iniziarono a diffondersi le prime notizie scritte sulla cucina siciliana. Gli antichi Sicelioti, le abitudini alimentari dei vari popoli dell'isola, furono oggetto di numerose trattazioni e citazioni di eruditi greci.

L'antica Siracusa, grazie alle sue vie commerciali, rese nota la cucina siciliana presso le poleis della Grecia: cuochi siciliani venivano richiesti ad AteneSparta e Corinto; essi erano considerati tra i più abili in circolazione.

La Sicilia diede i natali a importanti personalità del mondo culinario: i due cuochi Labdaco di Siracusa e Miteco Siculo, il quale si rese autore del primo libro di cucina della storia,[8] e Archestrato di Gela, considerato il padre dei critici dell'arte culinaria; egli scrisse il noto poema titolato Gastronomia, nel quale elenca cibi e vivande incontrate durante i suoi lunghi viaggi.

Avendo l'isola lunghe coste, circondata dal mare, il pesce viene considerato l'alimento più diffuso nell'antichità siciliana. L'ulivo, importato dai greci, ebbe in questa terra la sua massima fioritura. Infine la vigna, se pur si narra che fosse nota ai siciliani fin da tempi ancor più remoti, ebbe il suo metodo elevato di coltivazione anch'essa in epoca greca. Il vino prodotto in Sicilia divenne proverbiale durante l'intera epoca classica.

La produzione della pasta si ebbe in Sicilia fin dai tempi dell'antica Roma. Essendo l'isola ricca di grano, essa fungeva da fornitore per l'Urbe. Anche i dolci si diffusero fin dall'antichità, specialmente il miele, estremamente noto fu quello degli Iblei, con il quale vennero lavorate le mandorle siciliane.[9]

L'influenza dell'impero Romano importò all'interno dell'isola abitudini alimentari provenienti da diverse regioni geografiche. Durante il periodo si apprese la piscicoltura.

Il pane, già noto dai tempi dei greci, con il passare dei secoli assunse nuove forme. Particolare usanza fu quella di cuocere il pane sul braciere e poi intingerlo nel vino addolcito col miele: molti rivedono in questa pietanza l'antenato dell'odierno babà napoletano.

In epoca medievale

Pittura su soffitto ligneo nella Cappella Palatina di Palermo. Gli arabi furono grandi innovatori nell'arte culinaria siciliana

Rivoluzionari nel campo culinario, senza alcuna ombra di dubbio, furono gli arabi per i siciliani. Essi infatti portarono nell'isola le loro antiche colture; tra le più note basta citare le arance e i limoni per capire quanto notevole fu il loro incremento. La già citata canna da zucchero, il riso (che ebbe da questa terra la sua diffusione successiva nel nord Italia e nel resto d'Europa) e poi una vera concentrazione nell'arte dolciaria. La cassata, i cannoli, la granita, il sorbetto, il gelato... distillarono loro per primi i liquori, ma per osservanza alle loro leggi religiose del corano, ne facevano esclusivo uso medicinale.

Inoltre in questo periodo continuava ad evolversi la produzione di pasta siciliana, vennero prodotti gli spaghetti e vengono commercializzati, formano la pasta secca, ideale per essere esportata; testimonianza lasciataci in merito dal noto geografo Idrisi:

«A ponente di Termini vi è l’abitato di Trabia, sito incantevole, ricco di acque perenni e mulini, [..] e vasti poderi nei quali si fabbricano i vermicelli in tale quantità da approviggiorarne quei territori [..] mussulmani e cristiani, dove si spediscono grandi quantità.»

(Al- Idrisi)

Un aneddoto racconta di come nei pressi di Siracusa, sotto la dominazione araba venne inventato il primo piatto mare e monti della storia, ad opera di un cuoco arabo che per sfamare l'esercito accampato nel siracusano decise di preparar loro un piatto composto da pasta con le sarde, mescolato con finocchietto selvatico e pinoli. Il piatto riuniva carboidrati, pesce e verdura.

Essendo al tempo romano e nel medioevo numerosa la presenza delle comunità ebraiche di Sicilia, essi contribuirono a lasciare le loro tradizioni culinarie ai siciliani; diffusero l'usanza del kasherut, ovvero del mangiar in maniera appropriata. A loro si deve l'introduzione dell'aglio soffritto con olio d'oliva nella salsa e il donare sapore (a tutti quei piatti poveri di condimento come generalmente sono le verdure). Essi insegnarono ai siciliani che non si butta mai niente da un cibo, nemmeno la parte che appare più insignificante. Poi i normanni, provenienti dal Nord Europa, portarono nella calda terra di Sicilia un apporto per la gastronomia della selvaggina, trattandosi di abili cacciatori, con il loro arrivo le cucine siciliane si arricchirono di nuove tecniche culinarie che andavano ad aggiungersi al già nutrito repertorio siculo.

Nella seconda metà del Duecento, quando a Genova nascevano i primi pasteifici destinati alla produzione di pasta, non molti sanno che le maestranze specializzate e il grano provenivano dalla Sicilia. Purtroppo, più avanti nei secoli la storiografia tramandata orale e scritta rammendò molto raramente le vere origini del commercio della pasta, al punto tale che si arrivò a pensare che prima di Marco Polo non esistessero gli spaghetti.

«Dalla Sicilia la pasta essiccata raggiunse presto la Liguria, grazie agli scambi commerciali via mare tra le due terre: il grano duro importato dalla Sicilia veniva lavorato sulle coste liguri, dove il clima mite e ventilato costituiva garanzia per la perfetta essiccazione del prodotto lavorato.»

(L'Italia della pasta, 2003 p. 8)

Nella cucina locale ci sono anche tracce francesi, come quella dell'uso della cipolla al posto dell'aglio per salse e sughi più fini; o l'uso della pasta frolla, anch'essa introdotta tra i siciliani dai francesi.

Gli Aragonesi, nel XIII secolo, portarono nell'isola l'usanza delle preparazioni fritte e con il commercio tramite la Cina e l'India, arrivarono le melanzane, prodotto sempre presente nei piatti siculi. Con gli spagnoli infine arrivò il Pan di Spagna, elemento oggi fondamentale per le torte, specialmente per quelle località dove è usanza fare la preparazione del dolce con questo composto. Dopo la colonizzazione delle Americhe arrivarono anche i nuovi alimenti quali pomodori, cacao, mais ed altri. Anche le classiche Impanate siciliane (in uso soprattutto nella Sicilia orientale) si sono formate nel periodo spagnolo, infatti esistono anche in Spagna e li si chiamano Empanadas.

In epoca moderna

La tonnara di Favignana; strutture tipiche e diffuse dei pescatori siciliani.

Ai tempi della Francia monarchica, la sua cultura settecentesca si diffuse largamente anche in Sicilia. Sorse una nuova moda per i nobili isolani; ovvero quella di avere dei monsù (monsieur), dei cuochi francesi altamente specializzati in cucina raffinata. Ma avvenne che le due culture gastronomiche siciliane, quella baronale e quella popolare, si incontrarono proprio grazie a questi monsù. Infatti i nobili avevano quasi sempre delle donne addette alla pulizia della casa e al cucinare. Esse vivevano nel piano riservato alla servitù, ma nello stesso palazzo dei nobili, per cui i cuochi monsù e le popolane spesso si incontravano in cucina e i loro padroni chiedevano di mescolare i sapori della cucina ricca con quelli della cucina povera ma più tradizionale, cioè autentica della Sicilia e non importata come era quella dei monsù.[10]

Col passare degli anni le due cucine, l'una sofisticata e l'altra più rustica, trovarono un punto d'incontro e ciò spiega perché in Sicilia, a differenza di più vaste terre internazionali, non vi è netta differenza tra le ricette della cucina nobile e quelle della cucina del popolo.[10]

Nel 1800 le tonnare siciliane ebbero la loro massima espansione. Una tonnara serviva a pescare i tonni, come si deduce dalla stessa parola. Venne introdotta anch'essa dagli arabi, intorno all'anno 1000 e fu poi proseguita con alternanze in tempi spagnoli. Fino agli inizi del secolo scorso erano molto usate nelle coste dei mari siciliani. Poi caddero in disuso e la pesca dei tonni ebbe una notevole diminuzione in Sicilia. Al giorno d'oggi questa pesca è regolamentata da norme internazionali, eseguite per preservare la fauna marina, nello specifico caso quella del tonno.

Nell'epoca borbonica, la cucina siciliana era già formata, ma sicuramente napoletani e siciliani avranno avuto dei collegamenti nell'ambito culinario, per esempio in quel periodo a Napoli s'inventò la celebre pizza margherita, e questa pietanza raggiunse presto anche la Sicilia, motivo per il quale anche nelle terre sicule la pizza è consumata abitualmente e con frequenza.

Con l'Unità d'Italia la cucina regionale conobbe le usanze culinarie del Settentrione, alcune sono entrate a far parte del repertorio alimentare siciliano e siracusano, come per esempio il tiramisù, classico dolce settentrionale diventato dolce tipico italiano.

Infine bisogna dire che la cucina siciliana rispecchia l'Alimentazione Mediterranea, chiamata Dieta mediterranea, inserita dall'Unesco nel 2008, tra i Patrimoni orali e immateriali dell'umanità, composta da alimenti che, maggiormente in passato rispetto ad ora, hanno rappresentato buona parte della cucina territoriale.[11][12]

Ingredienti principali

I prodotti della terra

Erbe aromatiche e spezie

Il fiore dello zafferanospezia importante per la Sicilia, venne importata dagli arabi.
Pianta dell'origano e capperi conditi delle Isole Eolie (a Lipari)

«La Sicilia è il paese delle arance, del suolo fiorito la cui aria, in primavera, è tutto un profumo…»

(Guy de Maupassant)

L'aria profumata dell'isola è data da una vasta quantità di piante aromatiche diffuse sul suolo siciliano. La Sicilia, posta al centro del mar mediterraneo, gode di un clima mite, ideale per far crescere piante aromatiche e spezie.

L'alloro (addauru in siciliano) - dichiarato per la Sicilia prodotto P.A.T. -, il basilico (basaricò o basilicò), il cappero (chiappiru o ciappiru) - tra i più noti, quello di Pantelleria, prodotto I.G.P. -, l'origano, la nepita, la menta, il finocchio selvatico, la salvia, il timo e il rosmarino sono le piante aromatiche più diffuse su tutto il territorio regionale.

Altra spezia significativa per l'isola è lo zafferano: introdotto dagli arabi, veniva soprannominato l'oro rosso di Sicilia; oggi è molto conosciuto perché con esso si condiscono gli arancini.[13]

Latticini e formaggi

I immagine: Una provola affumicata delle Madonie; II immagine: Formaggio fresco siciliano; III immagine: La Ricotta infornata.

 

I immagine: Una provola affumicata delle Madonie; II immagine: Formaggio fresco siciliano; III immagine: La Ricotta infornata.

 

I immagine: Una provola affumicata delle Madonie; II immagine: Formaggio fresco siciliano; III immagine: La Ricotta infornata.
I immagine: Una provola affumicata delle Madonie; II immagine: Formaggio fresco siciliano; III immagine: La Ricotta infornata.

Il formaggio è un alimento antichissimo. In Sicilia veniva prodotto già in tempi arcaici e veniva molto apprezzato dalla popolazione, al punto tale che su di esso vi sono stati intentati proverbi, usanze e tradizioni. Ad esempio in Sicilia quando si vuol fare un dono gradito in varie circostante si usa regalare del formaggio fresco come segno di apprezzamento per la buona cucina; solitamente viene accompagnato in un cesto ornato di vino, ricotta e altri prodotti casarecci.[14] L'isola è produttrice di numerose e diverse varietà di formaggio; sia di lattevaccino che di pecora.

Il tempo della sua stagionatura garantisce il livello nutriente dell'alimento. La sua lavorazione avviene con l'alimento base, ovvero il latte. Esso deve essere fresco e può provenire sia dalla mucca, dall pecora oppure dalla capra. Altro elemento caratteristico sono i cagli naturali e l'utilizzo di strumenti da lavoro definiti secolari. Alcuni di questi sono la caldaia di rame (con l'apposito mestolo anch'esso in rame) con l'interno in stagno, utilizzata maggiormente per produrre la ricotta; la scodella di legno utilizzata per conservare il caglio in pasta.[14]

I formaggi (a denominazione D.O.P.) la cui produzione è diffusa in tutta la Sicilia sono:

  • Il caciocavallo siciliano, formaggio diffuso in tutta la Sicilia; è uno dei più antichi prodotti caseari dell'isola. Veniva prodotto, diventando tipico, in tutte le regioni del Regno delle Due Sicilie borbonico.
  • Il formaggio di capra siciliana, anch'esso diffuso in tutta l'isola, è ottenuto dal latte di capra dalle origini leggendarie poiché si dice fosse già noto ad Omero.
  • Il pecorino siciliano (Picurinu Sicilianu in lingua siciliana),; viene prodotto con il latte di pecora ed è il formaggio più diffuso in tutta la Sicilia.
  • La provola siciliana, così come il pecorino siciliano e come il caciocavallo siciliano, è diffusa in tutta la Sicilia. Merita l'appellativo d'essere uno dei formaggi più antichi dell'isola mediterranea e viene ottenuto con il latte di vacca crudo, proveniente principalmente dalle mucche di razza modicana.
  • Il pecorino rosso, pur essendo presente anche in Toscana e in Sardegna, quello siciliano è però unico, in quanto si differenzia dagli altri per via della sua stagionatura che avviene con del singolare succo di pomodoro che gli dona il colore rosso. Viene prodotto in tutta la Sicilia ed è un prodotto a denominazione P.A.T. ( prodotti agroalimentari tradizionali italiani).

Poi si hanno delle varianti di formaggio diffuse e prodotte in determinate aree dell'isola. Tra queste le principali sono:

Nella Sicilia orientale:

Nella Sicilia centrale e occidentale:

  • La provola dei Monti Sicani; ottenuta da latte vaccino crudo, viene prodotto nelle province di Agrigento e Palermo, nelle vicinanze dei Monti Sicani, come suggerisce il suo stesso nome.
  • La provola delle Madonie; presenta un colore giallo pagliarino e forma di un fiasco panciuto. La sua zona di produzione comprende numerosi comuni della zona nord-occidentale nei pressi delle Madonie e della provincia palermitana.
  • La vastedda della Valle del Belice; unico formaggio italiano di pecora a pasta filata. La sua pasta è filante e come si intuisce dal nome stesso viene prodotto nei territori della Valle del Belice.

La Ricotta

La ricotta

La Sicilia ha una grande tradizione per la ricotta. Essa infatti rappresenta la base fondamentale per il suo settore dolciario e culinario in genere. Basta ad esempio pensare che il cannolo siciliano o la cassata siciliana, senza la crema di ricotta non otterrebbero mai il loro sapore tipico, caratteristico. Lo stesso vale per altri piatti meno noti ma pur sempre amati dai siciliani, come la ricotta calda, liscia o zuccherata o anche in piatti salati composti da farcitura o copertura di ricotta; un esempio è la pasta al forno, la pasta fresca, i ravioli, la parmigiana e tutto ciò che desidera un condimento a base di ricotta salata.

Questa abitudine, quasi necessità, culinaria sicula rivela una tradizione profonda per la preparazione della ricotta. In Sicilia la ricotta si preparava già al tempo greco; infatti si narra che furono i greci che mostrarono ai siciliani il metodo per fare la ricotta salata. Persino la nota cassata siciliana si dice che debba le sue radici, ancor prima che agli arabi, ai greci. Perché furono essi che elaborarono una prima torta a base di formaggio chiamata placentam ovvero torta.[15] Poi il termine venne sostituito con il latino Caseum cioè formaggio. Questa torta greca era a base di ricotta e formaggio mescolati insieme.[15] Poi gli arabi, probabilmente influenzati dalla lingua ellenica che vi era sull'isola, continuarono a chiamare questa torta con il suo precedente nome, apportandole senz'altro modifiche nella preparazione, ad esempio vi aggiunsero la rivoluzionaria canna da zucchero, sostituendo il miele. Ma parrebbe dunque questa l'origine della cassata siciliana con ricotta, originaria fin dai tempi ellenici.[16][17]

In tempi ottocenteschi era chiamata il formaggio dei poveri, ma la ricotta non è come il formaggio, essa ha una diversa preparazione e molti appunti preziosi sulla sua lavorazione siciliana ci sono stati lasciati sia dal canicattinese Antonino Uccello (al quale va ricordato Palazzolo Acreide ha dedicato un intero museo etnografico[18]), sia dal palermitano Carmelo Trasselli e da molti altri autorevoli studiosi.[19] Le ricotte siciliane sono a denominazione P.A.T. (per la tradizione italiana); tra queste vi sono la Ricotta Iblea, prodotta nei comuni dei Monti Iblei (Sicilia orientale) e la ricotta infornata, prodotta in tutta la Sicilia.[20]

L'olio, le olive, le verdure e gli ortaggi

Olio e olive

Alberi d'ulivo sui Monti Iblei
Il versamento d'olio d'oliva fresco; così come si usa fare anche in Sicilia. Olive provenienti da Castelvetrano, nel trapanese. Olive condite servite in un agriturismo siciliano.

 

Il versamento d'olio d'oliva fresco; così come si usa fare anche in Sicilia. Olive provenienti da Castelvetrano, nel trapanese. Olive condite servite in un agriturismo siciliano.

 

Il versamento d'olio d'oliva fresco; così come si usa fare anche in Sicilia. Olive provenienti da Castelvetrano, nel trapanese. Olive condite servite in un agriturismo siciliano.
Il versamento d'olio d'oliva fresco; così come si usa fare anche in Sicilia. Olive provenienti da Castelvetrano, nel trapanese. Olive condite servite in un agriturismo siciliano.
Un ulivo secolare ad Agrigento

L'ulivo è noto fin da tempi remoti. In Sicilia, si narra che l'ulivo venne importato dai greci, questa pianta ha trovato in questa terra un clima ideale.[21] In epoca Siceliota l'albero dell'ulivo era sacro e chi lo sradicava veniva punito con l'esilio.[21] Secondo un'antica tradizione fu un ateniese di nome Aristeo a mostrare ai siciliani come si estraeva l'olio dall'uliva, inventando «u trappitu» (oleificio a pressione), per questo egli fu onorato con la costruzione di un tempio in suo onore nei pressi di Siracusa. Ma altra innovazione nell'olivicoltura avvenne con la dominazione araba; migliorando i sistemi di mantenimento e irrigazione per i terreni, l'olivo si diffuse ancor maggiormente in tutta la Sicilia.[21]

Nei secoli e nei millenni si è mantenuta la tradizione di coltivare l'ulivo e i siciliani ne hanno sempre tratto cultivar definite di pregiato livello. Oltre che per fare l'olio, vengono anche vendute al chilo per essere condite; in lingua siciliana si chiamano «Alivi cunzati», con aceto, aglio, prezzemolo, pepe, origano, carote a rondelle, sedano, peperoncino a pezzetti e abbondante olio.

Un altro particolare della cucina siciliana è che per i suoi piatti viene adoperato quasi esclusivamente l'utilizzo di olio extravergine d'oliva; sia per cucinare che per condire.

Le olive che maggiormente si trovano in Sicilia sono:

  • La Biancolilla; è la varietà da olio siciliana più diffusa, con picchi di coltivazione molto elevati nel palermitano e nel trapanese. Tra i suoi tanti sinonimi viene detta anche Napoletana o Siracusana[22]
  • La Cerasuola; diffusa maggiormente nelle province di Agrigento, Palermo e Trapani. Viene detta anche Palermitana[22]
  • La Giarraffa; coltivata nella Sicilia centro-occidentale. Ha ottenuto la denominazione d'origine Giarraffa di Giuliana (dal paese che maggiormente la produce nel palermitano)[22]
  • La Moresca; diffusa maggiormente nelle provincie di Catania, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa. È detta anche Catanese[22]
  • La Nocellara etnea; diffusa tra i comuni etnei catanesi e la provincia di Siracusa. È detta anche oliva di Paternò[22]
  • La Nocellara del Belice; diffusa maggiormente nella parte occidentale dell'Isola, rappresenta la quasi totalità dell'olicoltura della valle del Belice ed ha ottenuto il riconoscimento DOP[22]
  • La Ogliarola messinese; coltivata in varie province è più diffusa nei lati costieri di Palermo e Messina. È detta anche Terminese oppure oliva di Termini[22]
  • La Santagatese; prevalentemente coltivata nelle zone costiere di Messina. È detta anche Palermitana[22]
  • La Nasitana; diffusa soprattutto nella zona tirrenica e in quella nebroidea della provincia di Messina e detta anche oliva minuta. Prende il nome dal paese di Naso[23]
  • La Tonda iblea; diffusa prevalentemente nella Sicilia sud-orientale, tra le province di Caltanissetta, Catania, Ragusa e Siracusa[22]
  • La Verdese; la coltivazione avviene prevalentemente nelle province di Caltanissetta, Catania, Ragusa e Siracusa[22]

L'olio d'oliva che viene prodotto in Sicilia a sua volta si distingue per provenienza in varie denominazione, tutte DOP (Denominazione di origine protetta), per cui vi è

Olive verdi schiacciate e condite alla siciliana (Alìvi cunzàti – Alìvi scacciàti)

Verdure e ortaggi

Il pomodoro ciliegino di Pachino, un'eccellenza della coltivazione siciliana.
I Immagine: carciofi; II Immagine; Asparagi, verdure molto usate in terra siciliana; III Immagine cicoria, verdura popolare che cresce anche spontanea (selvatica).

 

I Immagine: carciofi; II Immagine; Asparagi, verdure molto usate in terra siciliana; III Immagine cicoria, verdura popolare che cresce anche spontanea (selvatica).

 

I Immagine: carciofi; II Immagine; Asparagi, verdure molto usate in terra siciliana; III Immagine cicoria, verdura popolare che cresce anche spontanea (selvatica).
I Immagine: carciofi; II Immagine; Asparagi, verdure molto usate in terra siciliana; III Immagine cicoria, verdura popolare che cresce anche spontanea (selvatica).

L'usanza di mangiare verdure e di metterle come ingrediente base di numerosi piatti (sia primi che secondi) evidenzia un lato alimentare siciliano che rientra nella dieta mediterranea, riconosciuta patrimonio immateriale dell'umanità.

Nutrirsi con i frutti della terra, e in questo caso con le verdure e con gli ortaggi, fa parte delle abitudini siciliane fin dai tempi più remoti. L'isola è colma di verdure selvatiche; esse crescono spontanee e hanno da sempre rappresentato un alimento economico e apprezzato dalla popolazione locale.[24]

Tra le tante piante si nominano: l'acetosella rossa (airedduci russa, agredduci nica, russulidda); l'achillea (chillia,  servaggiu, millifogghi)[25]; aglio selvatico (agghiu sarvaggiu, cipudduzza, purriceddi)[26]; alliaria (erva agghiara, agghialora)[27]; asfodelo giallo (purrazzu giallu, cimi ri porru, garrufi, cipuddazzu giallu)[28]; scardaccione (scordu, spina sarvaggia, spinasantiuni); bietola selvatica (salicheddi ri muntagna, giri, costi sarvaggi); borragine (vurrania, urrania)[29]; cicoria selvatica (cicuriedda, cicuriedda ri montagna, erva amara, ciuri azzurrinu, indivia selvatica, radicchio)[30] e numerose altre.

Come verdure da coltivazioni l'isola offre una variegata gamma: zucchina (cucuzza in siciliano) e talli (taddi in dialetto) ovvero i tenerumi di zucca; broccoli, lattugarucolaasparagi, pomodorini, melanzanecarciofi, peperoni, carote, finocchi, cipolle, cetrioli e molti altri.

Gli ortaggi dell'isola che sono stati dichiarati Prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.), e in alcuni casi anche IGP, per la loro singolare qualità territoriale, sono:

Altri ortaggi siciliani sono stati inseriti nel progetto del presidio Slow Food:

  • Carciofo spinoso di Menfi; prodotto nella Sicilia occidentale
  • Cavolo trunzo di Aci; prodotto nella Sicilia orientale
  • Pomodoro siccagno della valle del Bilìci; prodotto nella Sicilia centrale
  • Fagiolo badda di Polizzi; prodotto nella Sicilia occidentale
  • Fagiolo cosaruciaru di Scicli; prodotto nella Sicilia sud-orientale
  • Lenticchia di Ustica; prodotta nell'isola di Ustica, Sicilia occidentale

Curiosità su alcune piante selvatiche culinarie

I prodotti del mare

Il sale marino

In Cucina... "U Muluneddu ro sali"

Il «Muluneddo» era un contenitore formato da canne con forma cilindrica legate tra esse. Il Muluneddu doveva conservare nelle cucine siciliane un sale piuttosto prezioso, poiché si trattava di sale più fino persino dell'attuale zucchero a velo. Questa tipologia di sale si formava nelle saline; ai lati delle stesse vi fioriva questa platina sottile salata, detta sali scuma (schiuma di sale), che i salieri opportunamente raccoglievano e infilavano all'interno dei Meluneddi, i quali servivano poi alle massaie per cucinare nelle loro case.

Il sale usato è soprattutto quello marino. I siciliani hanno una grande tradizione con la produzione del sale.[38] Infatti la regione della Sicilia rappresenta una delle 3 maggiori produttrici di sale (insieme alla Calabria e all'Emilia Romagna) con la produzione concentrata tutta nel trapanese dove si raccoglie il sale marino di Trapani IGP. Questo minerale era conosciuto fin dall'epoca fenicia e greca. Nei tempi classici vi si facevano essiccare i pesci dentro ai laghi di sale per poi mangiarli ed era considerato il piatto della povera gente.

Raccolta del sale alle saline di Trapani.

Nell'isola vi sono numerose saline, o meglio vi "erano", poiché la provincia di Siracusa (territorio con il più elevato numero di saline), un tempo grande produttrice di sale marino[39], vide nella seconda metà del novecento la chiusura di tutta la sua produzione, in parte per ragioni ancora sconosciute e in parte a causa del sacrificio che tutta l'area nord del siracusano dovette fare per via della costruzione di impianti altamente inquinanti petrolchimici che raffinando il petrolio nazionale imposero la penalizzazione, e dunque la chiusura, di gran parte del settore alimentare, sale compreso.

La produzione di sale marino ancor oggi resiste solamente, in maniera notevole, nella provincia di Trapani, lì dove il settore artigianale è stato lasciato libero di progredire e dunque a TrapaniPaceco e nell'isola di Mozia che rappresentano attualmente le maggiori saline siciliane. Le saline presenti in Sicilia hanno fatto la storia del sale per questa regione. Esse sono:

Le Saline di Trapani (attive); le saline dello Stagnone (isola di Mozia) (attive). Le saline di Priolo (non più attive); le saline di Vendicari (non più attive); le saline di Augusta (non più attive); le saline del Ciane (non più attive). La maggiore azienda nella produzione di sale marino in Sicilia è la Sosalt.

Tra i caratteristici sali dell'isola si trovano il fior di sale all'arancia e il fior di sale al limone: prodotti con il sale marino e i frutti degli alberi.

Pesce e crostacei

Allevamenti di cozze a Siracusa
Riccio di mare e vongole; alimenti marini caratteristici della costa siciliana.

Essendo terra di mare, la Sicilia conta vaste varietà di pesce nelle sue ricette culinarie, frutto di una tradizione millenaria che vede i siciliani, soprattutto quelli che abitano sulle coste, impegnati in un'alimentazione fatta prevalentemente di pesce.

Il pesce viene impiegato sia nei primi piatti che nei secondi piatti e se si pensa alle acciughe sotto sale, dunque una conserva o un antipasto, si può ben capire come questo alimento della natura marina sia sempre presente in un modo o nell'altro nelle tavole dei siciliani. Lo si può acquistare generalmente al mercato popolare che viene allestito giornalmente o settimanalmente in quasi tutte le località dell'isola. Vi sono alcuni mercati che vendono solamente pesce e altri che vi dedicano diverse bancarelle per questa commercializzazione culinaria.[40]

Il pesce viene riscontrato abitualmente fresco, poiché pescato in giornata e subito portato al mercato, data la vicinanza con il mare. Il modo per capire se il pesce è fresco consiste nel vedere la sua pelle brillante, le branchie rosse e l'occhio vivo.[41] Ricco di omega 3, il pesce è considerato alimento nutriente; un tempo tra le famiglie più povere e spesso per intere popolazioni il pesce rappresentava quasi l'unica fonte di alimentazione, oltre al pane e alle verdure. Le varietà di pesce più frequenti nei mari della Sicilia sono: acciuga (angiova o masculino); lampuga (capune o lampuca); scorfano rosso (cipudda), gallinella (faciano); nasello (mirluzzu); cefalo (mulettu); pesce martello (magnusa); pesce San Pietro (pisci San Petru); pesce spada (pisci spata); polpo (purpu); sardina (sardi); tonno (tunnu); alalunga (alalonga); lecciasarago (saracu); triglia (trigghia) e molte altre specie. In Sicilia si trova su larga scala il pesce azzurro (dal caratteristico colore blu argenteo o un po' verde)[41]. Come crostacei e molluschi i più presenti sono le cozze; le vongole, i ricci di mare; lo scampo; i granchi; i gamberetti e i gamberoni e poi ancora le capesante; i calamari (cucinati in svariati modi); la seppia; i caratteristici vuccuna[42] (murici). Infine menzione merita il pesce d'acqua dolce; la trota siciliana, chiamata trota sarda ma che cresce anche in alcune zone della Sicilia sud-orientale e si sta cercando di estenderne l'allevamento siciliano[43]. Tra le specie marine siciliane tre hanno ottenuto un marchio distintivo per la loro qualità e presenza: Il gambero rosso di Mazara (DOP)[44]alaccia salata di Lampedusa (Slow Food)[45]masculina da magghia (Slow Food)[46];

Il pane

"Pani cunzatu" preparato nei pressi del baglio di Scopello (Castellammare del Golfo)

Il pane nella storia della Sicilia è un elemento fondamentale, con esso infatti, quando le famiglie erano troppo povere per potersi comprare cibi come pasta, carne e pesce, il principale pasto diventava il pane, capace di sfamare il popolo. Veniva spesso accompagnato come companatico a minestre a base di legumi: lenticche, fagioli, ceci. E anticamente veniva consumato insieme a verdure crude, come pomodoricipolle, e insieme alle olive.[47][48]

Era detto il cibo degli operai, dei contadini e dei pescatori (questi ultimi sfilettavano un pesce appena pescato e aggiungevano i filetti nel pane) che non potevano permettersi formaggi e salumi da accompagnare col pane.

L'usanza di fare il pane casareccio, ovvero il pane fatto in casa, ("U Pani i Casa") è diffusa un po' in tutte le province e isole siciliane; specialmente nelle zone montane. Il pane casareccio viene cotto in forni di pietra alimentati con del legno, il quale dona al pane un aroma caratteristico. Viene impastato con la farina di semola di grano duro (mentre oggi è consuetudine usare la farina di grano tenero). Si usa condirlo, in lingua siciliana si dice "Pani Cunzatu", cioè "Pane condito", generalmente viene condito caldo con olio, sale e origano. Piatto preparato di frequente con il pane affettato sono le bruschette, condite con del pomodoro, aglio e olio come ingredienti principali. Alcune preparazioni di pane siciliano sono inoltre ritenute caratterizzanti dell'alimentazione sicula e per questo certificate con i relativi marchi alimentari.

Cibo di strada siciliano

Pane e panelle.

Lo street food siciliano si riferisce al cosiddetto cibo da strada. Esso in Sicilia ha origini molto antiche; già ai tempi dei greci si usava mangiare del cibo fuori casa, per le vie della città. La tradizione è ricca di preparazioni veloci, e poco costose, in vendita in bancarelle o chioschi per strada. Ad esempio nel palermitano si usa mangiare fuori il pane e panelle e il pane con la milza. In tutta la Sicilia invece si mangiano gli arancini e la pizza in tutte le sue varianti siciliane, per cui va menzionata anche la rosticceria, generalmente mignon (piccoli pezzi) come calzoni; sfoglie, cornetti, raviole ecc. Inoltre durante le festività religiose le strade siciliane, soprattutto i paesi, si riempiono di fiere culinarie dove si trovano frittelle d'ogni tipo sia salate che dolci e tutto ciò che per le vie si può mangiare. Palermo è stata classificata la quinta città al mondo per il cibo da strada. Di seguito un elenco di alcuni cibi da strada caratteristici della Sicilia:

Antipasti, contorni, piatti unici

Antipasti siciliani
Insalata d'arance; tipico contorno siciliano

Tra gli antipasti o piatti unici più celebri della Sicilia vi sono sicuramente la caponata,[50] l'insalata di arance,[51] la parmigiana di melanzane e il gâteau di patate. Ma oltre ciò, vi sono numerosi altri piatti tipici di questa regione che pur essendo meno noti sono comunque spesso preparati e annoverati tra le ricette siciliane. Tra questi si citano: alici crude al limone[52]bruschette alla siciliana[53]babbaluci o babbuci a ghiotta (chiocciole a zuppa)[54], verdure in pastella, frittata fredda alla siciliana[55]mulinciani arrustute[56].

Antipasti locali

Oltre ai più noti antipasti diffusi in tutta la Sicilia o in gran parte di essa, vi sono poi dei piatti più singolari diffusi in determinate aree siciliane. Tra questi vi sono:

mauru (diffuso nella Sicilia orientale), 'nsalata rì limuna[57] (diffuso nella Sicilia occidentale), matarocco[58] (diffuso nella Sicilia occidentale), crostini di capperi[59] (diffuso nella Sicilia centrale), mulinciani ammuttunati[60] (diffuso nella Sicilia occidentale), frittedda con carciofi, fave e piselli[61] (diffuso nella Sicilia occidentale).

Primi piatti

Pasta

Come avviene un po' in tutta Italia anche qui la pasta viene cucinata quotidianamente. Preparata fresca fatta in casa oppure comprata a confezioni nei supermercati, in ogni modo i siciliani la consumano e il suo utilizzo avviene con svariate modalità e condimenti. Vi è la pasta al forno; fritta; in brodo; asciutta (con la salsa) e poi condita da verdure; carne; pesce; ricotta; sughi.

Un piatto di pasta alla norma
Pasta con le sarde

Principali primi piatti

Il Riso e il Couscous

Il Riso

Il riso, anche se oggi la sua coltivazione in Sicilia è rara, e non si conoscono le cause della diminuzione delle coltivazioni di questo cereale, un tempo ebbe qui le sue origini europee.[65] Furono infatti gli arabi ad introdurlo nell'isola, e furono poi gli aragonesi di Sicilia i primi ad esportarlo. Eppure il riso ai siciliani non è mai piaciuto troppo, non quanto la pasta, infatti c'è un proverbio siciliano che recita: "risu: quantu mi jsu" (riso: allora mi alzo) per dire che è leggero, che è un mangiare veloce a tavola. Ma le ricette col riso sono comunque spesso usate nella cucina regionale, le più diffuse sono:

  • Risu 'o furnu (timballo di riso preparato con ragù e condito con piselli, mozzarella, prosciutto, parmigiano ed infornato);
  • Risotto con i funghi;
  • Risotto alla marinara (risotto con frutti di mare: cozze, vongole, gamberetti e diversi altri);
  • Insalata di riso (piatto mangiato freddo, condito con maionese, tonno, uova sode, verdure sott'olio, aceto e olio.)
Il couscous di pesce; cucinato principalmente a Trapani, mutuato dalla cultura alimentare araba.
Il Couscous

Il couscous è formato da granelli di semola cotti al vapore in speciali tegami di terracotta. Si tratta di un piatto originario del Nordafrica. È stato introdotto in provincia di Trapani dall'immigrazione di fine ottocento verso la Tunisia e a inizio Novecento verso la Libia con la particolarità dell'uso del brodo di pesce, invece che la versione magrebina. Oggi il couscus di pesce è considerato un piatto quasi quotidiano della cucina trapanese, anche se è conosciuto e consumato in tutta l'isola.

Altre varianti sono il Cous-Cous di verdure e Cous-Cous dolce.

Secondi piatti

Sarde allinguate

Con le rinomate carni siciliane troviamo:

  • Arrosto panato (Palermo)
  • Coniglio "lardiato"
  • Falsomagro
  • Involtini di carne
Pesce
Altri piatti
  • Bastaddi affucati (cavolfiori affogati)
  • Involtini di melanzane
  • Pizza fritta alla Siciliana
  • Polpette di finocchietto

Frutta

Ficodindia sbucciati
Arance rosse siciliane

La grande importanza dell'agricoltura nell'economia regionale, unita alla buona posizione geografica che favorisce la produzione ortofrutticola, garantisce alla frutta un ruolo importante nell'alimentazione e nella cucina dell'isola.
La frutta, così come nelle altre regioni d'Italia, è consumata tradizionalmente a fine pasto. Molta frutta come albicocchemele cotognefichi e agrumi viene utilizzata per confezionare marmellate (tra cui la Cutugnata a base di mele cotogne) e confetture.
La cosiddetta frutta esotica (kiwibananeananas ed altri) va a formare insieme a pescheperemelefragoleuva e così via, la cosiddetta Macedonia, piatto di frutta mista preparata con del succo d'arancio e zucchero, molto mangiata, specialmente d'estate, nel Mediterraneo.
Con le bucce delle arance si possono fare i canditi, con meloniangurie e altri tipi di frutta si possono fare ottimi gelati, con fragole, limoni, pesche, mandorle, gelsi e così via, possono essere fatte le granite.
Alcuni tipi di frutta possono essere anche cotti, come le pere, in siciliano si chiamano Pira Ugghiuti (pere bollite). Anche le cotogne si possono cuocere. E qui è usanza mangiare come frutti anche gli agrumi come limoni ed i cedri, nonostante possa sembrare strano, poiché il loro sapore agro non si adatta ad un frutto da dopo pasto, ma invece è usanza intingere il limone nello zucchero e dargli così un sapore agrodolce che lo rende mangiabile a spicchi (alcuni usano mettere il sale al posto dello zucchero).
In particolar modo il cedro, anche se possiede una polpa aspra ha la buccia, chiamata "Muddicuni" (molla), piuttosto dolce. Infine, è molto diffuso il consumo di frutta autoctona come carrubbe, gelsi, fichi, nespole e melograni. Ma il frutto più caratteristico siciliano resta comunque il Ficodindia, che all'apparenza può sembrare immangiabile perché ricoperto di spine, ma, tolta la buccia è un frutto molto dolce che si distingue in vari colori e che ha all'interno dei semini commestibili.
Ci sono poi dei fico d'India più tardivi a nascere, verso settembre, i quali in siciliano vengono chiamati Li Bastadduna, che hanno caratteristiche diverse dal normale fico d'India, quelli di settembre infatti sono più grandi e non hanno semi all'interno.

La Frutta secca

Venditore di frutta secca a Noto
Passuluna (fichi secchi)

La frutta secca è considerata come il cibo festaiolo per eccellenza, poiché essa viene venduta durante le varie festività da apposite bancarelle dove si trovano i frutti secchi sia dolci che salati. Viene consumata principalmente in inverno, specialmente nei periodi natalizi dove mandorle di Avolanocciolinenocipistacchi di Bronte sono spesso sulle tavole siciliane. I più diffusi tipi di frutta secca sono:

  • Le castagne, per esempio vengono vendute nel periodo autunnale ed invernale dagli ambulanti come caldarroste, cioè le castagne arrostite e salate da mangiare calde.
  • La calia e simenza sono semi di zucca e ceci abbrustoliti, si possono trovare sia d'estate che d'inverno.
  • La calia (i ceci), se è ricoperta da zucchero colorato si chiama Calia Russa, perché il colore dello strato di zucchero è tradizionalmente rosso, anche se la calia può essere variopinta a seconda dei gusti.
  • La Nucidda Americana (le arachidi) chiamata anche Nucidda Calacausi (che può essere salata o caramellata);
  • La Pastiglia (castagne essiccate);
  • Le Mandorle caramellate (affini alla "calia" e alle arachidi caramellate);
  • Le Nuciddi ri Natali (le nocciole);
  • Le Nuci (le noci vere e proprie);
  • Pistacchi;
  • Luppini (i lupini) chiamati anche a luppina;
  • La Ficu Sicca Passuluna (i fichi secchi);
  • Gli Addattuli (i datteri);
  • Passuli (l'uva passa);
  • Prugni sicchi (le prugne secche)

Dolci

I dolci siciliani sono molto conosciuti, la cassata siciliana è uno dei dolci più famosi della Sicilia, preparato con pan di Spagna, ricotta, glassa, e canditi, rinomata per la sua consistenza e sapore. Ha due versioni: quella classica e quella al forno (torta di pasta frolla ripiena di crema di ricotta, priva di decorazioni di marzapane e frutta candita, cosparsa con zucchero a velo e cannella in polvere).

Cassatine siciliane, definite nella tradizione catanese minnuzze di sant'aita[66]

Esistono poi le versioni in dimensione ridotta delle due tipologie dette cassatine.[67] Questo dolce nella tradizione catanese assume un significato particolare poiché simboleggia il martirio subito da sant'Agata, patrona della città. Da qui deriva il nome che gli è stato dato a Catania: Minne rì Sant'Àjita o cassatella di sant'Agata.

Cassatelle della provincia di Trapani

Altri dolci tipici sono:

È un dolce a forma di raviolo al cui interno vi è un impasto di ricotta di pecora, zucchero e gocce di cioccolato, fritto nell'olio bollente. Solitamente si consumava in occasione della Pasqua, oggi è di uso quotidiano.

Dolce molto antico tipico di Agira, in provincia di Enna, nella zona della Sicilia centrale. Sono dolci rinomati e ricercati, preparati in modo artigianale, con l'uso della pasta di sugna, farina, uova zucchero e acqua, ripieni di mandorle, cacao, limone e farina di ceci, decorate con dello zucchero a velo.[68]

Dolce nato a Catania nel monastero delle monache benedettine.

Dolce nato a Caltanissetta con una sfoglia fritta ricoperta di miele e una farcitura di ricotta dolce.

Cannoli siciliani

Si dice sia il dolce più famoso dell'isola, mangiato e conosciuto nel mondo, viene preparato con ricotta o cioccolato o crema gialla, condito con pistacchio o frutta candita e zucchero a velo. Anche i cannoli hanno una versione più piccola, i cannolicchi.

Rollò tipo mignon

Dolce nato a Caltanissetta agli inizi del novecento imitando in modo localistico la diffusa tradizione mondiale dei dolci arrotolati, utilizza il pan di spagna al cacao, la ricotta e la pasta reale.[69]

Biscotti tipicamente siciliani, ricoperti da glassa di zucchero, preparati in occasione della festività autunnale del 2 novembre, per la festa dei morti, come si dice in siciliano e possono essere neri (al cioccolato) o bianchi (al limone).

Granita siciliana

Dolce dalle origini arabe che ha visto i suoi natali proprio in Sicilia. Le più note granite sono quella alla mandorla e al limone ma vi sono anche molti altri gusti di granite che vanno da quella al caffè, al pistacchio, alle fragole, alla menta, al cioccolato e molte altre.

Paste di mandorla

Le paste di mandorle sono ben preparate sul territorio, anche grazie alla nota e ricercata mandorla di Avola, la quale dona alle paste (particolarmente rinomate sono quelle siracusane) un ottimo sapore. I modi per prepararle sono molteplici; variano in forma e condimenti, ma l'elemento principale resta comunque la mandorla.

Frutta martorana a forma di arance

Anche la frutta martorana (o frutta di Martorana) è un piatto originario della Sicilia e composto da pasta di mandorla, alla quale si dà la forma di diversi frutti o alimenti. Caratteristico specialmente di Palermo e Trapani, viene comunque preparato e commercializzato in tutta l'isola.

Deve il suo nome alla chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio (detta chiesa della Martorana), eretta nel 1143 da Giorgio d'Antiochia, nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, da cui prese il nome. Veniva tradizionalmente preparata nelle celebrazioni della Festa dei Morti.

La giuggiulena è diffusa nella Sicilia orientale (particolarmente nel siracusano), mentre lo stesso dolce assume il nome di cubbaita nella parte occidentale dell'isola e nel modicano (che è comunque zona orientale); si tratta di un torrone che viene preparato durante il periodo natalizio; viene fatto con dello zucchero caramellato con l'aggiunta di scorza di arancio e la giuggiulena, ovvero la semenza.

Il salame turco, chiamato anche salame di cioccolato, è un tipico dolce siciliano; si ha l'abitudine di prepararlo in casa in maniera molto semplice ed artigianale. La sua preparazione consiste nel mettere insieme cacao in polvere amaro, biscotti secchi sbriciolati, zucchero, uova e dare al composto una forma allungata come fosse un salame, poi lo si mette nel freezer per un paio d'ore fino a quando non prende la giusta consistenza. Va servito freddo.

È un dolce al cucchiaio siciliano diffuso in tutta la Sicilia, ma originario di Siracusa, dove viene preparato in occasione della festività in onore di Santa Lucia. Questo dolce nella cucina siciliana è nato per celebrare un importante miracolo operato dalla Santa Patrona di Siracusa, verso la città aretusea nel milleseicento. Originariamente consisteva nel mangiare del grano bollito, in segno di devozione, poi si è trasformato in un vero dolce, per cui al grano è stata aggiunta della ricotta zuccherata o della crema, canditi, pezzetti di cioccolata fondente, mandorle e altri ingredienti.

Si ottiene da una particolare lavorazione "a freddo" del cioccolato che esclude la fase del concaggio.

È un dolce molto diffuso in Sicilia; presenta forma quadrangolare ed è a base di pasta sfoglia farcita con panna e crema pasticcera (o ricotta).

Dolce dalla forma di bignè ma fatto di pan di spagna, con il cuore di panna o di cioccolato, ricoperto di polvere di cacao.

Nel periodo estivo ha lo stesso nome un gelato, come in Calabria, e lo si può trovare "nero" (se è a base di gelato al cioccolato) o "bianco" (se è a base di gelato alla vaniglia). Viene poi ricoperto con della granella e nel suo centro vi si trova della panna, caffè o una ciliegia candita.

Dolce tipico natalizio, ampiamente diffuso sulle tavole siciliane; viene preparato con miele, albume d'uovo, mandorle, nocciole o pistacchi.

Il Sorbetto è un dolce dall'antica tradizione, lo si usa spesso come alimento per separare le portate di pesce da quelle di carne; poiché il suo sapore agro-dolce è adatto a rinfrescare il palato. Il più noto è il Sorbetto al limone ma vi è pure all'arancio, alla fragola e in altri gusti.

Dolce siciliano (ma consumato anche in Sardegna e Valle d'Aosta) principalmente conosciuto nel palermitano e nella zona del ragusano; la sua preparazione prevede il latte di mandorla, il limone, la cannella e il miele ibleo. Oltre alla versione dolce vi sono anche alcune versioni salate.

Dolce al forno siciliano che viene spesso accompagnato alla granita di mandorle o farcita di gelato.

Una delizia tutta siciliana: sono delle soffici brioscine ripiene con crema alla vaniglia o al cioccolato, ricoperte da una croccante e irresistibile crosticina.

  • Le pesche
Pesche in una pasticceria del trapanese

Due sfere di pan di spagna imbevuto di un liquore alchermes, con al centro della ricotta zuccherata, dall'aspetto molto simile alla pesca

Diffuso in tutta l'isola; si tratta di un impasto di pasta frolla, steso a sfoglia non sottile e farcita con un ripieno di fichi secchi, uva passa, mandorle, scorze d'arancia o altri ingredienti che variano a seconda delle zone in cui viene preparato, poi chiusa e conformata in vari modi, spesso a forma di ciambella.

La sua base è costituita da farinaacqualievito e sale. In Sicilia molto preparata è anche la cuddura con le uova sode intere inserite nel centro, chiamato cuddura cull'ova, che si consuma a Pasquetta. Una ricetta molto simile era preparata dalle ragazze per i fidanzati, a dimostrazione del loro amore, sagomandola a forma di cuore.

Pane votivo preparato in occasione della celebrazione del martirio di san Paolo.

La torta fedora, o torta di ricotta, è una torta a base di ricotta di pecora zuccherata, pan di Spagna, gocce di cioccolato e infine decorata con pistacchio e mandorle.

Agnello pasquale di una pasticceria di Favara

Dolce tipico in tutta l'isola. Preparato per le festività pasquali, dalla caratteristica forma di agnello costituito da pasta reale (pasta di mandorle) e ripieno di pasta di pistacchio.

Il gelo di melone (gelu di muluna in lingua siciliana), anche detto gelo d'anguria, è un tipico dolce al cucchiaio siciliano, tradizionalmente preparato a Ferragosto. L'ingrediente principale è l'anguria.

Il latte di mandorla è una bevanda non alcolica tipicamente siciliana ma ampiamente diffusa nel Meridione d'Italia.

I muccunetti (termine dialettale che vuol dire "bocconcini"), sono antichi dolci tipici della Sicilia occidentale, precisamente di Mazara del Vallo; realizzati con zuccatamandorlezucchero e uova. I muccunetti vengono realizzati tutti a mano seguendo l'antica ricetta, e confezionati ad uno ad uno nella carta velina, a forma di grosse caramelle.

Sono due dolci tipici della zona Nord-orientale della Sicilia (Messina) e della Calabria. Per quanto riguarda la città siciliana messinese, queste due ricette prevedono entrambe l'ingrediente base che è la "pigna", ovvero un pallino di pasta fritto e ricoperto di miele o di glassa (cioccolato o limone) a seconda della ricetta. Esistono delle varianti di questo dolce nel ragusano.

La petrafennula (o pietrafendola, petrafernula) è un tipico dolce siciliano, diffuso in tutta l'isola, e consumato per la festa dell'Immacolata e nel periodo natalizio. Di origine araba, viene preparato con mielemandorle, bucce di cedro e arance, confetti e cannella, ed è una sorta di torrone estremamente duro.

Le rame di Napoli sono un dolce tipico di Catania consumato durante le festività dei defunti. È un biscotto dal cuore morbido al gusto di cacao, ricoperto per intero da una glassa di cioccolato fondente. Non si conosce con esattezza l'origine del nome tuttavia esistono varie ipotesi: la prima cita un famigerato pasticciere di Napoli come inventore di questa ricetta; un'altra ipotesi parla di un atto di vassallaggio della Sicilia nei confronti di Napoli durante l'epoca del Regno delle due Sicilie.

Principalmente diffuso nella parte occidentale della Sicilia, viene consumato in particolar modo verso il 19 marzo, durante la festa di San Giuseppe. La sfincia (dal latino spongia, "spugna", oppure dall'arabo isfanǧ "spugna"), indica una frittella di pasta addolcita con il miele. Si tratta di un dolce fritto tipico siciliano, quindi inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).[70]

  • La patata

Dolce di pan di spagna con all'interno crema pasticcera, ricoperto di pasta di mandorle marrone, puntellata di pinoli.

N’zulle o n’zuddi…nome dialettale catanese che deriva dal diminuitivo di Vincenzo. Questi biscotti, si dice che venivano preparati dalle suore Vincenziane di Catania, da cui deriva il nome. Gli n’zuddi sono dei deliziosi biscotti a base di mandorle, dal sapore speziato della cannella, dei chiodi di garofano e arricchiti con scorze d’arancia candite. Vengono preparati in occasione della festività dei Morti e di Ognissanti.[71]

Altri dolci tipici

Varie

La scacciata siciliana che in alcune zone dell’isola viene chiamata anche “‘mpanata“, è una sorta di focaccia preparata con “pane in pasta” o “pasta di pane”. Il ricco ripieno è composto principalmente da broccoli, salsiccia, tuma o “pepato fresco” (pecorino siciliano primo sale), a questi, vengono aggiunte olive nere al forno, acciughe salate, patate e cipolle.

Nella vera scacciata siciliana catanese non possono mancare i broccoli e la salsiccia, ma viene preparata anche con altri tipi di verdure fresche: spinaci, bietole o cavolicelli (quest'ultima è una verdura selvatica che cresce spontanea nelle campagne del nostro territorio). La schiacciata siciliana è uno dei piatti tradizionali servito nelle famiglie durante il cenone di Capodanno.

  • Sciuscieddu (detto anche rusceddu)

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