Gli Amari e Digestivi

Un Amaro, o bitter, è una bevanda spiritosa dal gusto prevalentemente amaro, ottenuta da varie droghe vegetali, e usata, per le sue proprietà eupeptiche, come aperitivo o anche, se più ricca di alcol, come digestivo.

Nell'Unione europea, gli amari sono definiti nel Regolamento CE N° 110/2008 come "bevande spiritose di gusto amaro" o "bitter".

 

Devono essere ottenuti mediante aromatizzazione di alcol etilico di origine agricola con sostanze aromatizzanti naturali e/o identiche a quelle naturali; il titolo alcolometrico volumico minimo degli amari è di 15 % vol.

Produzione

Lo scrittore e giornalista Paolo Monelli definisce l'amaro come «vermut senza vino». Infatti mentre il vermouth è vino aromatizzato, l'amaro è una bevanda spiritosa aromatizzata, impreziosita dalla componente vegetale e dalle erbe medicinali. Le due fasi fondamentali per la preparazione dell'amaro, sono quelle dell'infusione e della distillazione. Le erbe e le radici infuse subiscono un certo dosaggio e vengono mescolate, quindi macinate, polverizzate, immerse in una soluzione idroalcolica e lasciate macerare per un periodo lungo vari mesi. Il preparato viene infine fatto decantare per acquistare limpidezza e quindi unito al liquido proveniente dalla distillazione, pronto a fare un percorso di preparazione in comune.[4]

Rientrano nella categoria degli amari alcuni distillati alle erbe come gli amari centerbe. Tra le marche più prestigiose di amari conosciuti e bevuti in tutti e cinque i continenti sono da annoverare: il Petrus Boonekamp dai Paesi Bassi, lo Jagermaister dalla Germania, l'Unicum dall'Ungheria, e dall'Italia in modo particolare due storici prodotti come il Fernet Branca e il Liquore Strega, oltre ai concomitanti e più esportati nazionali, ossia gli amari RamazzottiAvernaAmaro dell'Etna, Vecchio Amaro del Capo, Amaro Amara e Amaro Nostrum, provenienti dal sud Italia e dalle isole.

 

Non si deve confondere l'amaro con l'amaretto né, in generale, con un aperitivo o un digestivo dal gusto amarognolo a meno che la bevanda alcolica specifica sia anche un amaro dal punto di vista legale (vedi nota).

Digestivo

Il digestivo è una bevandaalcolica o analcolica, che può essere bevuta dopo un lungo pasto per facilitare la digestione. Tipico esempio di digestivi sono gli amari e i distillati alle erbe come il centerbe, il certosino e il concerto.

Seppur diversi nello scopo e nelle finalità iniziali hanno nella loro storia molti punti di contatto. Se gli amari sono prodotti nati dalla saggezza della farmacopea alchemica e casalinga, i liquori sono prodotti voluttuari, utilizzati con lo scopo di dare il benvenuto al proprio ospite o allietare un momento importante della vita sociale, sia nel passato che nel presente. Se la storia li divide su questa finalità, in realtà il metodo produttivo ed il loro cammino li unisce.

L’origine degli amari e dei liquori è strettamente legata al movimento di pensiero arabo medievale, nato intorno al 700 d.C., che prese il nome di “Al Kimiya”, il cui sapere fu fondamentale per la creazione delle prime infusioni alcoliche di erbe, nate a scopo curativo.

Con “chimos” i greci indicano la linfa degli alberi, mentre Aristotele chiama con questa parola anche “l’albero”, nel senso di gusto, definendo in questo modo un decotto o un’infusione. “Chymia” in greco, è anche un termine usato per definire la produzione di succhi e decotti.

Le figure principali di questo movimento sono Avicenna e Rhazes, entrambi medici aderenti al movimento alchemico, che, impegnati nella cura dei malati, accumulano un immenso sapere farmacologico ed erboristico, sperimentando giornalmente l’efficacia di decotti e infusi nell’ospedale di Baghdad. Entrambi sono grandi conoscitori di Ippocrate, l’inventore dei vini alle erbe, e basano le loro ricerche seguendo ampiamente le indicazioni del De composizione medicamentorum di Galeno. Il movimento alchemico arabo conta altre importanti figure come Abu Muhammad, fisico e cosmografo arabo, vissuto nel 1200 il quale descrisse minuziosamente la distillazione dell’acqua di rose e Zaharawi che scrisse diversi trattati di produzione altri alcolati, fra cui la canfora, cannella e chiodi di garofano. Il sapere arabo sulla distillazione viene portato, a seguito della liberazione di Gerusalemme nel 1099, alla Scuola di Salerno, fondata nel 1100. Qui viene studiato ed affinato un sistema di distillazione prossimo a quello moderno e fra queste mura si ottengono le prime acquaviti ed i primi toccasana ed elisir di lunga vita.
Il primo amaro ufficiale di cui abbiamo notizia viene realizzato nel 1300, ovviamente è a scopo curativo, e il paziente è talmente importante che il suo utilizzo ha un’eco “mondiale”. Il suo creatore, l’alchimista catalano Arnaldo da Villanova, docente della prestigiosa Università di Montpellier, lo utilizzò per curare un attacco di colite renale che aveva colpito papa Bonifacio VIII durante il primo Giubileo. Codificò la ricetta, insieme ad altri scritti nel De aquis Medicinalibus, un libro di ricerche farmacologiche.
Fu grazie alla cassa di risonanza data da tale evento che l’infusione in alcol di erbe e radici a scopo medico si diffuse presso monasteri e abbazie. I più attivi in tal senso furono i francescani, uno di essi, Giovanni di Rupescissa, parla ampiamente di infusioni e distillazioni a scopo medico, e cita per la prima volta la parola Elixir “che cura tutte le malattie e consente di prolungare la vita”.

I frati Gesuati, raccolsero l’eredità del Rupescissa e perfezionarono ulteriormente l’infusione in erbe, mentre Raimondo Lullo sostenne, per la prima volta, l’importante tesi per cui è possibile realizzare un “farmaco universale”, summa di tutte le proprietà curative di erbe e radici, in grado di curare le malattie conosciute.
Dal 1400 al 1500 le preparazioni realizzate erano tutte esclusivamente ad uso farmacologico, come attesta Michele Savonarola, medico  personale dei Marchesi Estensi. Per il vaiolo si somministrava un infusione di pinoli, radici di cocomero, petali di rose e miele, mentre per la cura dei vermi intestinali si consigliava un decotto di rosmarino e salvia. Per corroborare il liquore consigliato era con menta, zafferano, aloe, chiodi di garofano e noce moscata. Da notare che fino alla fine del 1700 quest’ultimo botanico era consigliato per la cura di oltre 100 malattie. I frati camaldolesi ordinavano come cura per la malaria un acquavite clada con infusione di erbe e Manzoni nei promessi sposi scrive che nei lazzaretti era consigliata una “dieta spiritosa” ricca di alcol per corroborare i malati. Ad inizio del Rinascimento, si iniziano ad abbandonare le implicazioni mediche e filosofiche e gli amari, veri e propri decotti privi di zucchero, iniziano ad avvicinarsi ai moderni liquori, con implicazioni legate alla loro piacevolezza.
La svolta produttiva a livello organolettico si ha con la scoperta delle spezie indiane e sudamericane che iniziano ad arrivare in Europa grazie alle compagnie delle indie olandesi ed inglesi ed ai commerci fiorenti delle città Venezia e Firenze. L’uso voluttuario di liquori e amari inizia ufficialmente alla corte di Caterina de Medici, dove si ha notizia di preparazioni deliziose utilizzate per l’accoglienza dei propri ospiti.
Nel 1605 giunse al monastero della Grande Chartreuse un manoscritto sul quale si legge la ricetta per realizzare un elixir amaro con ben 130 erbe, il progetto di “farmaco universale” preconizzato da Lullo. Ci vogliono più di 100 anni di studi e la passione del frate Jerome Maubec per realizzare il liquore seguendo le indicazioni date dal manoscritto, il cui risultato è la Chartreuse Vert, il primo liquore amaro della storia, che vedrà la luce nel 1737.

La storia prosegue con la Rivoluzione Francese che, annullando i privilegi del clero, chiude tutti i monasteri, ordina lo scioglimento degli ordini conventuali, costringendo alla diaspora i frati e i monaci, obbligandoli a cercare un lavoro all’interno della società laica.

Il sapere dell’infusione esce così dalle mura conventuali e diventa un sapere popolare, tutto questo si traduce in decine e decine di amari della farmacopea casalinga, realizzati seguendo le antiche indicazioni date da questi uomini di chiesa.

Il successo di taluni amari e liquori indurrà i loro inventori o illuminati imprenditori a proseguire la produzione secondo criteri industriali, con decine di piccoli opifici che nasceranno quasi tutti a partire dalla metà del 1800.

Cenni storici sulla produzione degli amari e Metodo produttivo

Gli amari, per la legge italiana, si classificano sul tenore di zucchero e sul rapporto amaro e aroma, pertanto si dividono in amarissimi, molto amari, aromatici, amari aromatici medi e amari molto aromatici.

La legge italiana sancisce che si può parlare di liquore amaro (dal latino liquefacere = sciogliere in acqua) per un prodotto ottenuto da acquavite agricola di origine cerealicola, frutticola o enologica, (detto solvente), mediante infusione o aromatizzazione di erbe e sostanze alimentari come cortecce, bacche e radici (detti soluto).

Il titolo alcol metrico minimo deve essere di 15°, e lo zucchero per litro deve essere sotto la soglia del 10%, altrimenti si parla di liquori.

Il metodo produttivo degli amari e dei liquori si compone di:

  • Infusione fredda, detta anche macerazione dove le erbe vengono messe per un periodo variabile a seconda della ricetta a bagno nell’alcol. Le infusione posso essere uniche, dove tutte le erbe vengono messe insieme o separate, tenendo conto della diversa texture della spezia, corteccia, erba o fiore. Anche la gradazione dell’alcol solvente può variare per non rischiare di “bruciare” il soluto.
  • Infusione calda, dove si riscalda il solvente, sia esso alcol o acqua per estrarre al meglio i principi aromatici e curativi.
  • Aromatizzazione. Le infusioni si possono anche comprare già fatte presso produttori qualificati per aromatizzare una base alcolica in base ad una ricetta in possesso del produttore a cui rimarrà solo da eseguire la mescola, il riposo e la successiva dolcificazione
  • – Distillazione, viene utilizzata in presenza di erbe contenenti alcaloidi come il tujone o per stabilizzare ed ottenere la massima aromaticità da una determinata pianta o frutto.

Spesso negli amari si usa distillare una parte dell’infusione per mescolarla nuovamente alla parte restante per avere maggiore intensità ed una minore quantità di alcoloidi all’interno, mentre nei liquori si usa per ottenere un prodotto trasparente dai profumi netti ed intensi, si pensi ad esempio al triple sec ottenuto dalla distillazione di scorze di arance amare e dolci o alla sambuca ottenuta per infusione di anice stellato ed altre piante.