Distillati

Un distillato, o acquavite, è un prodotto alcolico derivato dalla distillazione di un liquido zuccherino fermentato, generalmente di origine vegetale: cereali, radici e tuberi amidacei, frutti, o vino.

Generalità

Una distilleria industriale che usa le mele come materia prima. Foto di Paolo MontiForlimpopoli, 1966

Dal punto di vista tecnico i distillati fanno parte delle cosiddette bevande spiritose[1] ovvero bevande alcoliche con caratteristiche organolettiche particolari e un titolo alcolometrico minimo di 15% vol. Le bevande spiritose sono prodotte sia direttamente mediante distillazione, macerazione o aggiunta di aromi, sia mediante miscelazione di una bevanda spiritosa con un'altra bevanda, con alcol etilico di origine agricola o con taluni distillati.

Di fatto nella categoria bevande spiritose oltre alle acquaviti vi sono compresi i liquori, che sono miscele di alcool o altri distillati con acqua, zucchero e sostanze aromatiche diverse, nonché gli amari.

Teoricamente un distillato si può ricavare da qualunque materia zuccherina fermentabile. Tuttavia le materie prime più usate per la produzione di distillati sono:

Esistono innumerevoli altri distillati prodotti con i più diversi fermentati, anche di origine animale, spesso di uso estremamente locale.

Origini

La tecnica distillatoria era già nota ai babilonesi ed agli antichi egizi che distillavano il vino ed il sidro. Essa fu conosciuta dai greci, che la usavano per ricavare acqua dolce dal mare, ma non per gli alcolici; la distillazione era patrimonio dei sacerdoti e di pochi adepti in Egitto durante l'epoca ellenistica romana, e venne trasmessa agli arabi. La diffusione dei distillati in occidente iniziò intorno al X secolo grazie alla Scuola medica salernitana che riprese le tecniche insegnate dai medici arabi andalusi, estraendo l'acquavite dal vino, dapprima solo per uso medicinale.

Schema produttivo

Il processo produttivo può essere sintetizzato con i seguenti passaggi:

  • preparazione del mosto;
  • fermentazione;
  • distillazione;
  • stabilizzazione;
  • invecchiamento (eventuale);
  • riduzione di grado o diluizione (con acqua demineralizzata);
  • refrigerazione (abbassamento di temperatura per eliminare impurità) (tecnica facoltativa);
  • riposo
  • imbottigliamento
  • controlli fiscali

Preparazione del mosto

La prima fase consiste nella preparazione del mosto da sottoporre a successiva fermentazione da parte dei lieviti. Se la materia prima è composta da zuccheri semplici come il glucosio o il fruttosio sarà sufficiente schiacciarla o macinarla, in modo da ottenere un mosto estremamente zuccherino e già fermentabile. Se partiamo invece da materie prime ricche di amido, come i cereali o le patate, dobbiamo effettuare un processo per rendere questo zucchero complesso fermentabile.

L'amido è composto da lunghe catene di glucosio, anche ramificate, deve quindi subire l'azione di enzimi specifici che possono essere già presenti nell'alimento (endogeni) oppure aggiunti (esogeni).

Successivamente a questo processo, analogo a quello di maltaggio per la produzione della birra, si procede alla fermentazione mediante l'aggiunta di lieviti selezionati.

Fermentazione

Aggiungendo dei lieviti Saccharomyces cerevisiae (saccaromiceti) in tre o quattro giorni si ottiene circa il 12% di alcol etilico ed altre sostanze.

Distillazione

La distillazione è un procedimento fisico che consente la separazione dei componenti volatili di un fermentato in base al loro diverso punto di ebollizione. In questo modo si può concentrare l'alcol etilico presente nel fermentato e si selezionano le sostanze desiderabili del distillato scartando quelle sgradevoli o inutili.

La distillazione può essere continua (alambicco a colonna alambicco continuo, su armagnac.fr (archiviato dall'url originale il 27 dicembre 2013). o discontinua (alambicco a caldaia[6]).

Nella distillazione discontinua il carico, detto cotta[7], viene scaricato una volta che si è esaurito; successivamente si ricarica la caldaia con nuovo fermentato. Questo tipo di distillazione viene eseguita in alambicchi di rame con il collo detto a cigno ed utilizzata per la produzione di whisky di malto, cognacbrandygrappe, calvados, ed in genere per i distillati di maggior pregio.
Nella distillazione continua la colonna di distillazione viene alimentata ininterrottamente dal fermentato, ed il distillato viene continuamente estratto. Essa viene impiegata per la produzione di vodkagrappabrandyginrumtequilawhisky di cereali, e per la produzione industriale di alcol buon gusto.

Nella distillazione si separano dapprima le frazioni più volatili (acetaldeide ed altri acetati) che costituiscono la cosiddetta "testa", poi la frazione nobile (il "cuore") costituita dall'alcol etilico, ed infine si eliminano i composti più pesanti che vaporizzano a temperature più elevate dei precedenti, cioè la "coda", che contiene composti artefici di valori organolettici scarsi se non sgradevoli.

Distillazione con alambicco (schema)

Alambicco

Lo strumento per ottenere un distillato è il distillatore o alambicco.

Gli alambicchi per la produzione di distillati possono essere:

  • discontinui;
  • continui.

Alambicco discontinuo

Si compone di:

  1. caldaia in rame;
  2. coperchio che convoglia i vapori idroalcolici nel collettore;
  3. collo di cigno che si diparte dal duomo e si congiunge alla caldaia con il refrigeratore;
    Alambicco discontinuo - da sinistra a destra caldaia e capitello, riscaldatore, e serpentina (immersa nel cilindro)
  4. refrigeratore;
  5. provetta di saggio per controllare il grado alcolico del distillato.

Il riscaldamento del prodotto da distillare nella caldaia può avvenire:

  • a fuoco diretto: con il fuoco che riscalda direttamente la base della caldaia (alambicco charentais)
  • a bagnomaria; attraverso il riscaldamento dell'acqua contenuta in un'intercapedine che circonda la caldaia (alambicco Zadra)
  • a vapore: con una corrente di vapore che passa attraverso il prodotto da distillare.

Alambicco continuo

Si compone di due alte colonne di distillazione (analizzatore-rettificatore).
Il funzionamento dell'alambicco continuo può essere suddiviso in sei fasi:

  • la miscela alcolica entra nella colonna analizzatrice dove viene riscaldata: si produce un primo distillato detto "flemma";
    Alambicco a colonna e piatti: a sinistra la prima colonna, seminascosta
  • la flemma passa nella colonna rettificatrice; il calore consente di separare l'alcol e altri elementi volatili;
  • i residui acquosi del processo si depositano sul fondo;
  • i vapori che salgono all'interno della colonna vengono raffreddati dai nuovi residui di distillazione;
  • la frazione rimanente (cuore) si riconverte in liquido;
  • gli ultimi residui sono eliminati in cima alla colonna, raccolti e sottoposti a una nuova distillazione.

Stabilizzazione

Molti distillati hanno bisogno di un breve riposo in acciaio o direttamente in bottiglia per armonizzarsi ed avere dei sapori meno pungenti ed aggressivi, ancora presenti quando appena usciti dall'alambicco.

I distillati subiscono una riduzione del grado alcolico tramite la miscelazione con acqua distillata, ed una stabilizzazione attraverso la refrigerazione a circa -10 °C in modo da far precipitare le sostanze più pesanti, causa spesso di torbidità; infine vengono filtrati.

Talvolta vengono additivati di zucchero per un tocco di morbidezza, mentre l'aggiunta di caramello o zucchero bruciato ne influenza il colore, per far apparire invecchiati i distillati giovani.

Invecchiamento

I distillati come il whisky, il cognac o l'armagnac devono essere invecchiati in botti di legno secondo il disciplinare di produzione, per le grappe invece l'uso è facoltativo. La cessione di sostanze da parte delle botti fa sì che i distillati si arricchiscono degli aromi del legno.

Cantina di invecchiamento

Questi dipendono dalla qualità dei legni, dalla tostatura delle botti, oltre che dal grado di umidità dei locali e dalle condizioni ambientali in cui riposa il distillato. L'invecchiamento può raggiungere molti decenni.

Aromatizzazione

L'aromatizzazione è l'aggiunta di varie piante officinali ai distillati. Questa può avvenire con diverse modalità:

  • infusione nel distillato stesso;
  • aromatizzazione dei vapori idroalcolici;
  • macerazione direttamente nella bottiglia;
  • preparazioni idroalcoliche macerate, decotte o infuse ed addizionate al distillato.

Modalità di servizio

i distillati si servono a temperature diverse in funzione del loro tipo[8]:

Distillato Temperatura
  • Vodka, acquaviti di cereali
  • Acquaviti di frutta
  • Grappe bianche
  • Rum, blended whisky e whiskey giovani
  • Acquaviti di frutta invecchiate (calvados, ...), grappe invecchiate, malt whisky e whiskey invecchiati
  • Distillati di vino
  • 0-4 °C
  • 6-8 °C
  • 10-12 °C
  • 14-16 °C
  • 16-18 °C
  • temp. amb.

Principali distillati nel mondo 

Nella tabella sono riassunti alcuni distillati con le materie prime e i paesi di fabbricazione tradizionale:[8]

Denominazione Materia prima Paese di produzione

originario

Akvavit cerealipatate Scandinavia
Arak uva, arom. con anice Libano
Arrak datteri, cereali, melasse Sri LankaIndiaMalaysia
Armagnac (AOC) vino Francia
Assenzio (absinthe) alcol, arom. assenzio et al. Svizzera
Brandy vino tutto il mondo
Cachaça canna da zucchero Brasile
Calvados (AOC) mele e pere Francia
Cognac (AOC) vino Francia
Gin e Jenever cereali, arom. con ginepro InghilterraPaesi Bassi
Grappa, Tsikoudia vinacce ItaliaCreta
Kirsch (Kirschwasser) ciliegie Europa Centrale
Krütter (Krauterschnaps) Vinacce Francia, Germania
Korenwijn cereali (orzosegale e mais) Paesi Bassi
Kruškovac pere Balcani
Marc (de raisin) vinacce Francia
Mescal agave Messico
Ouzo uva, arom. con anice Grecia
Pàlinka frutta Ungheria
Pisco frutta (vari tipi) PerùCile
Rakı cereali, frutta, arom.con anice Turchia
Rakija frutta Balcani
Rum melassa di/o canna da zucchero America CentraleCaraibi
Shōchū orzopatate, o riso Giappone
Slivovitz prugne Balcani, Polonia
Soju cereali, tapioca, patate Corea
Tequila agave blu Messico
Vodka cereali (frumento) e patate Polonia, RussiaSvezia
Whiskey (BourbonIrlandeseTennesseeRye) cereali (frumento) e patate IrlandaStati Uniti
Whisky (CanadianScotch) cereali (orzo) CanadaScozia
Zivania vinacce Cipro

I distillati sono il risultato della distillazione di materie prime fermentate, frutto della lavoro dell’uomo e della terra.
In una parola, conoscendo il distillato e la sua materia prima si è in grado di leggere il territorio, o alla francese il terroir, l’insieme dato da diversi fattori, tra cui l’ambiente pedoclimatico e il microclima.

Le origini dei distillati

I distillati sono il risultato della distillazione di materie prime fermentate, frutto della
lavoro dell’uomo e della terra.
La distillazione può essere compiuta seguendo il sistema continuo o discontinuo, processo ampiamente
descritto nel paragrafo dedicato alle sue origini e alla sua affascinante storia.
La loro diversa origine, quanto mai variegata spaziando dai cereali alla frutta, permette di capire come
l’Uomo, acquisita la tecnica della distillazione, l’abbia successivamente applicata alle materie prime che
di volta in volta si è trovato a produrre, per la sua alimentazione, nelle varie parti del mondo .
In una parola, conoscendo il distillato e la sua materia prima si è in grado di leggere il territorio, o alla
francese il terroir, l’insieme dato da diversi fattori, tra cui l’ambiente pedoclimatico e il microclima .
Le origini più disparate dei distillati presenti in questa lista rendono omaggio all’inventiva dell’Uomo ed
alla sua capacità di adattamento e confermano che, dove c’è zucchero e acqua (coadiuvati dagli lieviti
naturali) in giusta soluzione, può esistere la fermentazione e la distillazione.
I distillati si dividono in base alla loro origine, pertanto avremo la classificazione in:

Vitivinicola

Vino

Aguardiente (America Latina)
Armagnac (Francia, zona della Guascogna)
Brandy (Spagna, Italia, Messico,Romania, Albania)
Cognac (Francia, zona della Charente Marittime)
Sasha (Georgia)

Vinaccia

Bagaceira (Portogallo)
Grappa (Italia)
Marc (Francia, soprattutto nelle aree della Champagne e dell’Alsazia)
Orujo (Spagna)
Raki (Grecia, Turchia)
Pomace (California)

Cerealicoli (mais, segale, frumento, orzo)

Gin (grano- Olanda, Inghilterra, Scozia, Spagna, Francia del nord est, America del Nord)
Vodka (segale- grano-Polonia, Russia e molti altri stati mondiali che stanno producendo negli ultimi anni)
Chica (mais-Argentina)
Poitin (malto d’orzo – Irlanda)

Whisky

Bourbon whiskey (mais – segale USA)
Irish whiskey (malto d’orzo – Irlanda)
Scotch whisky (malto d’orzo – Scozia e i suoi “cloni” giapponese, indiano, brasiliano, svedese, olandese e australiano)
Rye whiskey (segale – USA)
Corn whiskey (mais  – USA)
Canadian whisky (segale – Canada)

Riso

Shochu (Giappone)
Choum (Cina e Vietnam)
Tapuy (Filippine)

Frutticola

Ciliegie Kirsch (prodotto anche dolcificato in varie parti del mondo es. Maraschino in Italia)
Datteri Bouza (Egitto, Algeria)
Mele Calvados (Nord della Francia), Apple jack (paesi anglosassoni)
Pere Williamine (Europa del Nord )
Prugne Mirabelle (Alsazia, Francia e Slivovitz , Paesi dell’Est Europa)
Fichi Bourra (Nord Africa, dal Marocco alla Tunisia)
Lamponi Framboise (Francia)
Albicocche Palinka (Ungheria)

Vegetale

Agave

Tequila
Mezcal (Messico)
Cocuj (Venezuela)

Canna da Zucchero

Rum
Rhum
Ron (area caraibica)
Cachaca e Pinga (Brasile)
Quila (Filippine)
Arack (Sud est asiatico)
Cana (Costa d’Avorio)

Manioca

Chachiri (Guyana)

Palma

Pariah (India)
Sodabi (Togo e Benin)
Akpeteshie (Ghana)
Ogogoro ( Nigeria)
Bangi (Costa d’Avorio)

Patate

Vodka (Norvegia, Polonia, Inghilterra)
Poitin (Irlanda)

Miele

Asali (Africa)

Latte

Koummis (Russia Asiatica)
Aiven (Asia Centrale)
Shkou ( Siberia )

Gli albori della distillazione

La distillazione è un processo fisico artificiale scoperto dall’uomo presumibilmente intorno al 500 a.C.
Il processo di distillazione fu spiegato nel suo processo fisico, già nel I° secolo d.C. in maniera empirica da Dioscoride Pedanio, un medico erborista greco che osservò le pozzanghere di acqua piovana asciugarsi al sole. Egli capì che “distillare” era come imitare il sole che  evapora l’acqua e ce la restituisce in pioggia. Nonostante questa sua geniale intuizione non perfezionò alcun macchinario per un uso alimentare, ma un elaborò un semplice vaso a punta che chiamò “Ambix”, alla cui sommità condensavano le gocce di vapore, a convalidare la sua ipotesi.
Prima ancora di Discoride, Aristotele,  aveva messo a punto un metodo di dissalazione dell’acqua marina, prendendo spunto dal processo non ancora compreso della distillazione.
Mettendo delle pelli di pecora, tese in una sorta di rudimentale ombrello, sopra delle anfore che contenevano acqua di mare si poteva ottenere acqua dolce, sfruttando l’evaporazione della stessa provocata dal sole e la successiva condensazione.
Questo metodo, appreso da Alessandro Magno grazie agli insegnamenti di Aristotele, permise alla sua flotta di battere sempre gli avversari in velocità negli spostamenti strategici sul mare, questo perchè  gli altri erano costretti a fermarsi sulla costa per rifornirsi di acqua.
L’area dove essa fu praticata per la prima volta con fermentati alcolici o infusi d’erbe la fanno ricondurre ad un area compresa fra India e Pakistan, mentre vi sono stati alcuni ritrovamenti duranti gli scavi di Tepe Gawra (databili nel 1.500 a.C.) in Mesopotamia, nell’attuale Iraq, dove gli archeologi hanno trovato frammenti che potrebbero ricondurre ai primi alambicchi. Il sapere della distillazione è certificato anche in Cina, dove una cultura più avanzata dell’occidentale aveva già messo a punto un sistema di distillazione usando fermentati di riso e sorgo. Questo sapere è certificato anche da Aristotele, vissuto fra il 384 ed il 322 a.C.. Il sapere passerà poi tramite i commerci alla cultura araba, che per prima creò la matematica e la fisica in grado di spiegare i processi della distillazione.Circa la scoperta della distillazione c’è una leggenda accreditata da alcune fonti sull’argomento, ma che ovviamente non può essere dimostrata.
Questa narra che la prima distillazione fu realizzata in una notte di inverno, nella regione corrispondente all’odierno Caucaso, area d’origine della moderna viticoltura. Un contadino mise a scaldare del vino sul fuoco, per preparare una bevanda corroborante, viste le rigide temperature della notte. I vapori d’ alcol si diffusero nella tenda e furono inalati dal preparatore, il quale rilevato un piacevole pizzicore e senso di ebbrezza, fece un rudimentale tentativo per catturarli. Il nostro primo distillatore probabilmente utilizzò una pelle di pecora, tesa, posta sopra la pentola, che di fatto fece condensare in piccole goccioline il vapore d’alcol, per poi strizzarla in un recipiente. Quindi di una cosa siamo certi, il primo distillato non si distinse per la nitidezza e la raffinatezza dei profumi. I risultati in termini di divertimento e rilassatezza conseguenti alla prima assunzione del liquido misterioso, premiarono tale primordiale tentativo che venne perfezionato nei periodi a venire. Questa leggenda, seppur interessante, appare in netto contrasto con le notizie certe che ci provengono dalla Grecia Antica e dal Medioevo Arabo che ci confermano come la distillazione, inizialmente avesse il solo scopo di creare fragranze cosmetiche. Solo con il perfezionamento degli alambicchi, grazie al movimento alchemico arabo, e successivamente alla Scuola di Salerno, avremo i primi esempi di alcol commestibile e la conseguente codifica del procedimento di distillazione, in grado di eliminare teste e code, seppur in modo empirico e poco preciso. Tali alcoli, oltre che dannosi per la salute, sopratutto per il sistema epatico, veicolano anche odori sgradevoli al risultato finale. Tali imperfezioni del distillato saranno presenti per lungo tempo e determineranno la nascita delle aromatizzazioni con frutta e spezie, per coprire tali imperfezioni.
Il funzionamento dell’alambicco si può riassumere con un principio fisico per il quale le sostanze presenti in natura hanno diversi punti d’ebollizione e d’evaporazione.
L’alcol etilico, ad esempio, evapora ad una temperatura compresa fra i 78 e 78,4 gradi, pertanto quando nel liquido presente nella “pentola ” del nostro alambicco raggiungiamo questa temperatura, siamo quasi sicuri che nel collo di cigno transita vapore di alcol commestibile.
Queste sostanze, alcol e profumi da esso veicolati,  evaporano dalla caldaia, si elevano lungo il corpo dell’alambicco e sono poi raffreddate con l’aiuto di una campana o un elmo al di sopra della stessa. I vapori sono veicolati da un “collo di cigno” all’interno di una serpentina che le riporta allo stato liquido. Lo stesso principio enunciato da Discoride per la produzione della pioggia…

Dall'India, all'Egitto fino agli Arabi

Le prime notizie in assoluto sulla distillazione provengono dalle civiltà mesopotamiche, collocabili nell’Iran e nel Pakistan e sono databili nel 500 a.C., ovviamente a causa degli alambicchi rudimentali e mancando le conoscenze di base per la separazione fra alcol etilico e metilico, la sua applicazione rimase relegata all’impiego in campo cosmetico, come solvente per l’estrazione dei principi attivi da fiori, piante e radici per la fabbricazione di profumi e unguenti.

La distillazione si diffuse anche in Cina, dove era presente una cultura milenaria molto evoluta, a tal proposito uno scritto di Aristotele, vissuto dal 384 al 322 a.c., ne conferma l’esistenza e presumibilmente da qui, giunse al bacino del Mediterraneo, tramite i commerci fiorenti dell’epoca.
Gli Egizi nel 150 a.c. adottarono un sistema per estrarre l’alcol, probabilmente da un fermentato di datteri, da utilizzare come solvente per gli unguenti e i profumi necessari per la mummificazione e la cosmetica. L’alambicco utilizzato è conosciuto come Crisopea di Cleopatra, dal nome del ricercatore che lo descrisse e che pare fosse lo zio della famosa regina.
I Greci, con Aezio, perfezionarono nel 400 d.c. un distillatore, mentre Ipazia, una donna dotata di supremo ingegno, custode della scienza pagana che faceva capo alla Biblioteca di Alessandria di Egitto, perfezionò nella sua prestigiosa scuola una vera e propria apparecchiatura per la distillazione.
A dimostrazione di quanto detto il termine alcol deriva dall’arabo “Al-Khul” ovvero “polvere impalpabile”, nome con il quale gli egiziani indicavano un ombretto che utilizzavano come maquillage. La cosa curiosa è che gli Arabi non utilizzarono questa parola per indicare l’alcol, preferendogli  il termine “Al Raki” che tradotto vuol dire “sudore”, ispirandosi alle goccioline che scaturiscono lentamente dal collo dell’alambicco.

La chiara paternità araba del processo viene ulteriormente confermata anche dal nome dato all’utensile utilizzato per la distillazione, con “Al-Ambiq” infatti si usa definiva un vaso conico di uso comune in cucina, ora più noto come Tajine.

 

Allo stesso modo viene dimostrato il fatto che gli arabi si ispirarono agli studi greci presenti nella Biblioteca di Alessandria, infatti, come detto, Discoride, secoli prima aveva coniato il termine “Ambix” per definire il vaso dove aveva effettuato il suo primo esperimento di evaporazione e condensa dell’acqua.

La biblioteca d’Alessandria d’Egitto con le sue migliaia di testi di scienza e medicina ellenica fu il punto di riferimento del sapere dell’epoca e la dimostrazione della supremazia della ragione dell’uomo.
Fu questa la principale causa per la quale subì una prima distruzione nel 319 d.c., che vide ben 40.000 volumi dati alle fiamme, ad opera di cristiani fanatici che rinnegavano il potere della ragione pagana.
Fu definitivamente distrutta tre secoli dopo dagli arabi, che la vedevano come un pericoloso centro di sapere scientifico e pagano, in netta contrapposizione con la religione musulmana, basata, come il Cristianesimo, sulla presenza di un Dio supremo, creatore dell’Uomo, che la razionalità scientifica invece tende a negare.
È molto probabile che prima di distruggere la biblioteca gli Arabi, acuti commercianti, si siano impossessati d’alcuni libri trattanti la distillazione, in tal modo riuscirono negli anni a venire a perfezionare la tecnica, creando un moderno alambicco, che vide la luce intorno al 650 d.C..

I principali attori di questa scoperta furono gli arabi adepti del movimento filosofico denominato “Al Kimiya” (dal greco “Chimos” linfa , essenza) che traendo ispirazione dalla ricerca spirituale tesa alla purezza assoluta, alle origini della Creazione Divina, la trasposero alla fisica e alla ricerca scientifica.

 

Il pensiero filosofico si basava sull’osservazione degli Elementi primordiali della Natura che venivano individuati in Aria, Terra, Acqua e Fuoco i quali unendosi nella distillazione davano origine ad un liquido puro e trasparente in grado di avere qualità taumaturgiche prima sconosciute. L’Aria era rappresentata dal vapore prodotto, la Terra dalla materia prima fermentata, ottenuta dalla coltivazione di essa, l’Acqua era il diluente indispensabile per il processo sia di fermentazione che di distillazione e il Fuoco era la fonte di calore. Insieme generavano il quinto elemento, la quintessenza liberata dalla materia “solida” ed impura contenuta nell’alambicco.

I loro tentativi di purificare la materia, attraverso il processo di distillazione, inizialmente furono applicati alle rocce, per ottenere oro, dai metalli meno nobili. Questi esperimenti vani  fecero evolvere in maniera determinate la conoscenza del processo di distillazione, che una volta applicato a liquidi fermentati e botanici, elevò questa pratica ad arte di rara maestria.

Ben presto gli i vani esperimenti di purificazione dei metalli lasciarono spazio alle ben più fruttuose distillazioni di essenze e profumi di cui gli Arabi sono tuttora maestri insuperati. Le prime notizie scritte che ci giungono in tal senso sono della codifica del processo di distillazione per ottenere delle aromatica acqua di rose da parte di un alchimista arabo.

 

L’invenzione del primo alambicco moderno, come noi lo conosciamo la si attribuisce ad adepto del movimento Al-Khimiya, il fisico Jabir Ibn Hayyan, che spese la sua vita alla ricerca della quinta essenza (il quinto elemento) dopo Aria, Acqua, Terra e Fuoco, indicati dal filosofo Empedocle come i principi fondamentali dell’Universo.

Il processo per l’ottenimento di alcol fu perfezionato grazie un altro fisico alchimista Al-Kindy che raggiunse gli standard qualitativi e le metodologie che saranno utilizzate dai futuri distillatori europei della Scuola di Salerno, con decine di testimonianze scritte su come ottenere essenze e profumi.

Altre due figure  importanti in questo movimento furono Avicenna, medico persiano e padre della medicina moderna e Rhazes, un luminare alchimista e farmacista erborista, scrittore di centinaia di trattati medici legati alla distillazione di sostanza medicamentose e di alcol con cui ottenerle.

Entrambi sono conoscitori dei testi greci che hanno portato al perfezionamento del processo di distillazione e sono grandi studiosi dei trattati medici erboristici di Galeno e Ippocrate.
Ma il cambiamento epocale nella distillazione si avrà con Maometto.

 

Egli nacque nel 570 d.c., e proibì, come sappiamo, l’uso dell’alcol presso le sue popolazioni (vedi paragrafo dedicato al vino per la storia su questo episodio storico), ma questo non impedì a queste due figure di sviluppare le conoscenze legate alla distillazione e al suo utilizzo per la preparazione di rimedi legati alla farmacopea e all’erboristeria.
Maometto, uomo illuminato, non proibì l’uso medico e tali preparati continuarono ad essere utilizzati all’interno degli ospedali della capitale Baghdad, al tempo fra i più importanti al mondo per la cura di ogni malattia. L’esercizio giornaliero delle pratiche mediche permetterà ai due luminari di accumulare un sapere infinito che sarà alla base della pratica alchemica e poi liquoristica del mondo occidentale.

L'arrivo delle crociate e la trafugazione degli alambicchi

I frati benedettini al seguito della Prima Crociata lanciata nel 1095 in Terra Santa, carpirono il segreto della distillazione dal popolo arabo con la conquista di Gerusalemme, avvenuta nel 1099.

 

Sicuramente all’interno delle sue mura erano custoditi degli alambicchi che furono osservati e studiati con attenzione.
Ma questa non è l’unica ipotesi…
L’alambicco potrebbe essere stato conosciuto in Europa, precedentemente a tale data , quando El Cid eroe nazionale spagnolo, autore della Reconquista della Spagna, sotto il dominio degli Arabi, liberò Toledo nel 1085.  Sicuramente fra le mura della fortezza espugnata vi dovevano essere degli alambicchi, ma a noi non sono state tramandate notizie circa il loro utilizzo, pertanto dobbiamo pensare che il bottino di guerra non suscitò particolare interesse nelle truppe cristiane spagnole.

Se le cronache dell’epoca non sono dettagliate circa la scoperta degli alambicchi, da una attenta analisi legata alla nascita dei primi distillati europei, notiamo che alcuni secoli più tardi, a cavallo dei Pirenei, nell’area corrispondente all’Aquitania francese e all’Aragona spagnola, l’ultimo baluardo cristiano in Spagna, da cui partì la Reconquista, si hanno le prime notizie dell’ Armagnac. Questo distillato di vino, prodotto nelle abbazie dell’area collinare, è a tutti gli effetti il primo prodotto degli alambicchi europei.

Siamo quindi di fronte al possibile utilizzo di quel bottino di guerra, opportunamente modificato per la produzione del pregiato distillato di vino, che aiutò centinaia di pellegrini, alleviando le loro fatiche sulla via del cammino di Santiago de Compostela.

Una terza ipotesi, non priva di fondamento, afferma che l’alambicco fosse in Europa e precisamente in Irlanda, già nel 600 d.C., portato da San Patrizio, di ritorno da un suo pellegrinaggio in Terra Santa, il quale diede impulso alla produzione di un distillato che comunque non possiamo classificare ancora come whisky.

 

Siamo certi della sua esistenza perchè viene menzionata più volte dalle truppe di invasione inglesi, nel 1172.

Gli Inglesi catturarono alcune botti di un liquido misterioso, dal forte sapore, bevuto dagli irlandesi in grossa quantità. Affermano di averlo assaggiato a loro volta e lo descrivono come corroborante e calorico, in grado di alleviare la fatica e di dare un coraggio inaspettato in combattimento. Il problema è che non riescono a saperne molto circa il nome, la provenienza della materia prima utilizzata e che non vi sono testimonianze scritte.
Il fatto che nel proseguo della storia della distillazione il nome maggiormente utilizzato per definire il prodotto irlandese sia “Aquavitae”, ovvero “Acqua di vita”, derivante dalla traduzione dal gaelico di “Uisce Beatha”, avvalora tale ipotesi.
La contrazione inglese lo tramanderà con il termine “whisky” e definirà il secondo distillato conosciuto della storia umana.
Rimane un merito di rilevanza storica legato a San Patrizio, (nella foto di destra la Rocca di Cashel da dove egli partì per il suo pellegrinaggio) infatti egli riveste un ruolo molto importante nella diffusione delle bevande fermentate, in tutta Europa, noi italiani per primi, dobbiamo a lui l’introduzione del sapere brassicolo nel nostro paese.

I pellegrinaggi che il Santo e i suoi confratelli, fra cui San Colombano intrapresero per evangelizzare l’Europa, contribuirono a diffondere il sapere inerente alla fabbricazione della birra, quest’ultimo giunse in Italia, dopo un lungo pellegrinaggio e qui vi fondò il suo monastero sui Colli Piacentini, nelle vicinanze di Bobbio e qui produsse la prima birra italiana della storia, nel 614 d.C..
Tornando alla distillazione la prima ipotesi sembra essere la più plausibile, ma nulla vieta di pensare che tutte e tre le teorie siano giuste, avvalorando il fenomeno della contemporainetà delle idee, che ha visto molti casi nella storia.

Gli alambicchi arrivarono tramite nave alla rinomata Scuola di Salerno, fondata nel IX secolo, il cui massimo splendore corrispose proprio con la conquista di Gerusalemme, ovvero quando tutto il sapere del mondo arabo e greco fu disponibile per essere tradotto ed elaborato dai suoi adepti.

Tutto il sapere della farmacopea, dell’alchimia, dell’erboristeria araba e le traduzione arabe di testi greci che si credevano perduti, trasformarono questa Scuola, nel centro di sapere maggiore di tutto il Medioevo.

Si fecero propri i fondamenti dell’alchimia araba in cui esisteva la convinzione che ogni metallo avrebbe potuto, attraverso una serie di passaggi e rigenerazioni, trasformarsi dalla forma grezza a quella più nobile.

I cambiamenti lo avrebbero via via purificato ed alla fine  lo avrebbero portato a trasformarsi in oro, metallo puro per eccellenza, alla stessa maniera , l’uomo avrebbe dovuto seguire questo processo , trasformandosi in un individuo puro fatto di sapere assoluto.

Gli alchimisti europei , per nulla scoraggiati dagli insuccessi arabi si lanciarono nuovamente alla ricerca della Quintessenza e della Pietra Filosofale che tutto avrebbe trasformato in oro.

 

Come i loro predecessori, utilizzarono gli alambicchi per cercare di estrarre l’essenza della Natura, distillando i suoi prodotti, erbe radici, minerali con risultati alterni, fino a giungere alla conclusione di utilizzare il  vino e la birra per ottenere un prodotto trasparente e privo di impurità, l’alcol, una sorta di quintessenza, che avrebbe risolto il problema degli eccessi produttivi di questi due fermentati, che con l’arrivo dei primi caldi si trasformavano in aceto.

Il pensiero alchemico anche se ridimensionato nei fini iniziali, segnò un successo importante per la storia dell’uomo:  aria, terra, acqua e fuoco avevano liberato dai frutti della Terra, un vapore impalpabile che una volta condensato dava un liquido trasparente che dava benessere ed euforia.

Probabilmente negli intenti c’era la volontà di utilizzare questa essenza per purificare a sua volta pietre e metalli impuri, destinazione che  fu ovviamente vana, ma che ebbe svariate altre applicazioni, da disinfettante e antibatterico a coadiuvante nell’enologia per la creazione, dei primi vini fortificati che grazie all’addizione di alcol non diventavano più aceto con l’arrivo dei primi caldi.

 

I primi vini fortificati furono creati nel 1300, grazie ad una felice intuizione di Arnaldo da Villanova, un alchimista di origine catalana, docente universitario a Montpellier, che ebbe l’idea di addizionare alcol ai Moscati di Rivesaltes e Frontignan.

Queste due eccellenze enologiche saranno utilizzate come vini da messa e troveranno posto sulle mense di corte di tutta Europa, essendo diventato possibile il loro trasporto per lunghi tratti, anche in presenza di un clima caldo.
In Italia durante il primo Giubileo del 1300 voluto da papa Bonifacio VIII, Arnaldo da Villanova e Raimondo Lullo discussero degli effetti miracolosi di un elisir elaborato da loro stessi. Questo elisir fu elaborato per curare il papa da una fortissima colica renale che lo colpì poco prima dell’inizio del Giubileo da lui indetto.

Bonifacio VIII si distinse per i costumi poco morigerati e per la fame insaziabile, tant’è che si narra che il suo pasto fosse composto come minimo da 6 portate. Le sue abitudini e le sue spese al di sopra delle possibilità, ridussero al minimo le finanze della sua famiglia, tant’è che ebbe l’idea del Giubileo, il primo della storia.

 

Per questa ragione Dante lo posiziona nel canto XiX dell’Inferno, dove sono puniti i Simoniaci, ovvero i colpevoli di comprare con il denaro le cariche spirituali. In realtà papa Bonifacio VIII non è ancora morto al tempo della stesura, ma Dante lo vedeva come un personaggio responsabile dei mali e del malcostume di allora.

Recandosi a Roma in penitenza ed elargendo una somma commisurata ai peccati commessi, si avrebbe avuto l’anima salva.

Il Giubileo fu salvo ed ebbe grandissima risonanza nel mondo cattolico, visto il grande afflusso di pellegrini.

Allo stesso tempo il successo di questo rimedio, direttamente derivato dalla distillazione e dall’infusione di erbe, diede fama mondiale agli inventori di questa nuova disciplina e ai loro risultati, ma sopratutto gli evitò l’Inquisizione e l’accusa di stregoneria.

La storia narra che questo infuso contenesse delle scaglie d’oro, metallo puro per eccellenza a cui si attribuivano doti purificanti.

Successivamente, e nei secoli seguenti, in onore di questo elisir, molti liquoristi coloreranno di giallo oro, utilizzando lo zafferano, spezia pregiata e costosa, i loro prodotti.

 

Dopo di loro Bacone “Doctor Mirabilis”, l’Alari, Paracelso ed altri ebbero a discutere delle capacità terapeutiche del distillato e dei vini fortificati con alcol ed infusioni di erbe.
L’alcool era considerato una bevanda magica, se bevuto in grandi quantità il male e la lascivia s’impossessavano del bevitore, ma bevuto in piccole e sapienti dosi dava coraggio, vigore, leniva il dolore e dava calore. Per secoli la somministrazione di bevande alcoliche da parte di medici o derivanti della farmacopea famigliare e casalinga, rimarrà l’unico rimedio conosciuto per curare ogni malattia, dalla peste alla malaria.

La fornace del Mattioli e la produzione quantitativa dell'alcool

I primi alambicchi di stampo moderno, così come noi li conosciamo, comparvero in Europa nel XV° secolo e le testimonianze parlano di “Acquae vitae” ottenute da distillazione delle materie prime presenti i Europa: il vino, la birra e successivamente il sidro.
Questi due prodotti estremamente diffusi in Europa avevano grossi problemi di tenuta organolettica durante i mesi caldi. La distillazione di essi poneva fine ai problemi di acescenza e di sanificazione dell’acqua, a cui questi due prodotti fermentati erano preposti prima della scoperta dell’alcol ad alta gradazione. La possibilità di aumentare la produzione per via delle nuove possibilità di conservazione, permise la nascita anche dei primi commerci di vino fortificato e distillati, che ora potevano essere agevolmente trasportati anche nei mesi caldi.
Inizialmente l’inefficace sistema di raffreddamento delle serpentine, basate sulla sola aria circostante, e le piccole partite prodotte di volta in volta rendevano gli oneri così elevati da rendere proibitivo l’utilizzo della bevanda alcolica per fini che esulassero da quello medico.
Il rapporto fra resa in alcol e materia prima era economicamente proibitivo, inferiore alla percentuale variabile dal sei al dodici percento a cui siamo abituati oggi, con i moderni alambicchi discontinui per le produzioni di eccellenza.
Nel XV secolo venne perfezionato un sistema efficiente di raffreddamento dei vapori d’alcol presenti nella serpentina, ponendola a bagno in una botte di acqua fredda. Questo meccanismo, noto come la Fornace di Mattioli, un famoso medico ed erborista, permise di evitare la principale fonte di dispersione dei vapori d’alcol nell’aria, a causa del loro imperfetto raffreddamento.
La produzione di alcol crebbe in maniera significativa e rese possibile l’utilizzo del prezioso liquido, non solo per fini medici, ma anche per il consumo edonistico grazie al minor costo, che al momento rimase comunque possibile solo per le classi abbiente e i nobili.
A dimostrazione che le idee possono essere contemporanee e che comunque esiste una simultaneità che spesso rende difficile l’individuazione dell’originale, vi sono altri esempi di alambicchi perfezionati nel periodo. Datato approssimativamente 1551, quello nella foto è una sorta di alambicco con possibilità di distillazione continua. Esiste infatti un primo alambicco con il compito di disalcolare la materia e un secondo per distillare la flemma. Il raffreddamento a differenza del Mattioli è dato dall’altezza dei tubi, che fungono anche da rettificanti del vapore alcolico.

Il rinascimento italiano

Dopo il Medioevo assistiamo ad un mutamento di abitudini, ad un cambio di atteggiamento nei confronti del prodotto della distillazione. Come abbiamo visto nel periodo appena trascorso, l’alcol assunse varie denominazioni fra cui Acqua Purissima e Perfettissima, Quintessenza, la sua produzione era opera esclusiva di alchimisti o dei monaci e il suo utilizzo, a causa degli elevati costi di produzione, era quasi esclusivamente a scopo medico, come solvente per infusioni d’erbe, atte alla cura delle più disparate patologia, dalla peste alle difficoltà digestive.
L’alcol puro, sotto forma di distillato di vino o cereali o come liquore amaro non aveva mai avuto la connotazione di bevanda voluttuaria e ludica, aspetto che invece incominciamo ad intravedere con la nascita del movimento denominato Rinascimento Italiano, dove il distillato e il liquore, finalmente assurge a ruolo di piacere gustativo.
Caterina De Medici, incoraggia nella sua Firenze , la produzione di liquori (forse la stessa Tuaca , trattata nel paragrafo liquori, potrebbe essere nata in questo periodo) che porterà , al pari di forchette e coltelli, alla corte di Parigi.

Il capoluogo toscano è il luogo perfetto per far nascere la nuova via della liquoristica.
Città ricca e potente, culla della cultura e del commercio ricchissimo della seta, crocevia di commerci che vedono ogni sorta di spezie provenienti da ogni angolo del mondo. Le cronache ci riportano che nei negozi di Firenze si potessero acquistare fino a 250 tipi di spezie diverse, molte delle quali saranno utilizzate per produrre l’Alchermes di Firenze, fine liquore di scuola araba, che è arrivato fino a noi.
Dopo l’arrivo di Caterina de Medici a Parigi, nasce l’arte liquoristica e da qui partirà la ricetta del liquore che diventerà sulle Alpi della Savoia , l’impareggiabile Chartreuse elaborata dai frati certosini ( paragrafo dedicato ai liquori ).
Al contempo Leonardo disegna un alambicco moderno con contenitore refrigerante per “La serpentina”, riprendendo quanto fatto dal Mattioli, in maniera ancora più efficiente.
Dopo il Rinascimento, come anticipato furono i frati Certosini e Gesuati a detenere il sapere della distillazione, tanto che quest’ultimi furono addirittura chiamati “I fraticelli dell’Acquavite”, lo scioglimento dell’ordine nel 1668, favorì presumibilmente la diffusione della distillazione in molte regioni d’Italia, soprattutto quelle lungo l’arco alpino.

Le parti dell'alambicco

L’alambicco è formato da 4 elementi principali: la caldaia detta anche cucurbita negli alambicchi di piccole dimensioni, è dove si mette il fermentato da distillare (sezione rossa della foto). Sotto di essa è posizionata una sorgente di calore rappresentata da acqua calda (bagnomaria), vapore acqueo in pressione o fuoco vivo, che ha il compito di riscaldare la materia prima, da dove si estrae il distillato (spirali rosse). Gli alambicchi a fuoco diretto, molto diffusi un tempo sull’arco alpino, sono stati praticamente abbandonati a causa dell’imprevedibilità del funzionamento e per il timbro di bruciato che spesso lasciavano nel distillato. La quasi totalità dei distillatori usa alambicchi a vapore, mentre esistono alcuni esemplari, Piemonte di alambicco a bagnomaria.
Il capitello, detto anche elmo o duomo, posto nella parte alta della caldaia, a chiudere,  ha un’importanza fondamentale perché ha il compito in base alla sua forma di far passare o no determinati vapori alcolici (parte viola e spirali viola a rappresentare i vapori alcolici).
Il collo di cigno è il tratto seguente del capitello ed ha una forma incurvata verso il basso per impedire il ritorno dei vapori alcolici, grazie alla forza di gravità .
La serpentina di raffreddamento, posta in un contenitore, spesso riempito di acqua, o in tempi moderni con altri liquidi più efficaci, ha il compito di condensare i vapori alcolici (parte blu) , per ottenere il risultato finale, il distillato (azzurro).

Le tipologie di distillazione

La distillazione si divide in continua o discontinua, a secondo dell’alambicco utilizzato.
La distillazione discontinua di cui sopra è descritto l’alambicco può compiere una sola distillazione per volta, da cui il termine che lo definisce, poichè quando si esaurisce il liquido bisogna fermare lo strumento e ricaricarlo. Per ottenere un prodotto di qualità si dovrà procedere a due o tre distillazioni, a secondo della materia prima utilizzata, come vedremo nel paragrafo dedicato ai distillati. Il nome dato all’alcol su alcuni testi, descritto come “Quintessenza”, farebbe pensare che, nell’antichità, visti i rudimentali strumenti a disposizione il fermentato e poi la relativa flemma ottenuta dal processo, fossero distillate per “cinque volte” da cui “quinta essenza”.
Nella seconda distillazione il mastro distillatore dovrà controllare tutte le fasi produttive che gli permetteranno di separare le teste e le code, per tenere solo il cuore del distillato.
Anticamente, mancando termometri e rilevatori, l’unico strumento per la separazione delle varie parti del distillato era il naso e l’esperienza del distillatore. La prima sezione di liquido ad evaporare , a temperature inferiori ai 78 gradi, era caratterizzata dai tipici sentori pungenti dell’alcol metilico. La distillazione con i moderni alambicchi non permette di entrare i contatto con l’alcol, in quanto tutto il percorso è sigillato dall’intendenza di finanza. Oggi, così come una volta, il distillatore che lavori con alambicchi discontinui privi di rilevatori a computer, getta via il primo liquido che fuoriesce dall’alambicco. Nel caso della grappa esiste una sorta di “scala” legata alla quantità della vinaccia contenuta nell’alambicco. Su 250 chili di vinaccia è necessario buttare circa un paio di litri di liquido per essere sicuri di  non avere del metilico. Le successive analisi dei Nas metteranno il sigillo di qualità al lavoro del distillatore.

Tornando agli alambicchi “aperti” al raggiungimento della temperatura ottimale, si sentiva il tipico pizzicore dell’alcol etilico, mentre sul finire della distillazione le parti oleose del liquido iniziavano a volatizzarsi, donando ai vapori un sentore che ricordava quello dell’oliva spremuta. Quello era il segnale che bisognava fermarsi per non rischiare di compromettere tutto. Gli alcol pesanti sono alquanto sgradevoli, ma ricchi ancora di etilico e profumi, infatti spesso vengono ridistillati. Nel vino le code non sono molte, mentre nei distillati di cereali ne abbiamo in quantità elevata.
L’alcol ottenuto non era sempre di qualità eccelsa, fu per questo che si diffuse l’uso di aromatizzare i distillati con radici ed erbe, spesso dolcificati, così come nel proseguo della loro storia, nasceranno i primi cocktail con zucchero, acqua e limone, per stemperare la ruvidezza e l’alcolicità accentuata dei primi distillati.